Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia de "Il Mondo sulle Spalle"


Note di regia de
In un’Italia in cui domina spesso il racconto del malcontento e della rassegnazione, della rabbia o della paura, la storia di Enzo Muscia mi è apparsa subito come un lampo nel buio, un raggio di luce tra le ombre del nostro complesso presente.
Quando il suo viso sorridente comparve per la prima volta sulle pagine di alcuni quotidiani, cercai subito in rete l’indirizzo della sua azienda e chiesi udienza per un breve incontro con l’allora appena nominato Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
Desideravo approfondire quel racconto, ero curioso di conoscerne i momenti di crisi e i momenti di svolta, ma soprattutto mi interessava scoprire il percorso umano ed emotivo che si nascondeva dietro al profilo pubblico e professionale di Enzo Muscia.
L’incontro durò una giornata intera e mentre lui si raccontava camminando avanti e indietro tra i capannoni della sua azienda, scoprivo che dietro a questa persona disponibile e generosa, animata da una grande concretezza e una visione imprenditoriale fuori dal comune, si nascondeva una storia familiare intima e riservata che Enzo mi confidò cominciando con queste parole:
“Il coraggio per fare tutto quello che ho fatto me lo ha dato mio figlio, che in bilico tra la vita e la morte… è riuscito a restare nella vita. Da quel giorno non ho più avuto paura di niente…”.
Dopo aver incontrato Enzo altre due volte, dopo aver ascoltato e intervistato i suoi operai (“la mia famiglia”, così li chiama Enzo) e aver ascoltato le loro toccanti testimonianze, raccolsi tutto quel materiale in un soggetto di due pagine. Ricordo l’emozione e la felicità di quel momento! Avevo una storia tra le mani che mi entusiasmava e mi emozionava, perché non parlava soltanto del mondo operaio e il mondo dell’impresa nel nostro Paese al tempo della crisi e della globalizzazione, ma mi parlava in qualche modo dell’Essere Umano (!), della possibilità concreta che ciascuno di noi ha di cambiare il destino delle cose anche quando tutto sembra ineluttabile e inesorabile. Argomenti su cui avevo riflettuto negli anni dell’Università tra i libri e i manuali di Filosofia... La vicenda umana e professionale di Enzo mi parlava di qualcosa che forse trascende persino la “forza di volontà”, e che forse ha più a che vedere con un’energia misteriosa e ineffabile che permette agli uomini e alle donne non tanto di fronteggiare la realtà, ma di ribaltarla e sovvertirla.
Adesso che avevo la storia dovevo trovare un attore che la potesse interpretare e anche io, nel mio piccolo, sentivo di avere davanti una grande sfida, quella di creare le condizioni per realizzare il mio primo film…
Non ho dovuto pensarci a lungo. In fondo uno era l’attore a cui da subito ho sentito di voler raccontare la storia di Enzo e non tanto per le sue radici siciliane comuni a quelle del vero protagonista, ma piuttosto perché, forse più di ogni altro, in questi anni, si è dedicato a dar voce in televisione ad un’Italia silenziosa e resiliente. Uomini, spesso sostenuti da grandi donne, capaci di opporsi ad un pensiero dominante, capaci, a loro modo, di cambiare un pezzo piccolo di mondo alla volta.
Concordai un incontro con Beppe e lo preparai al meglio delle mie possibilità. Vidi tutti i suoi film per la televisione ed ebbi un’idea spericolata e ambiziosa: realizzare per lui un montaggio di tre minuti, un moodboard video, con delle scene di suoi film che montate insieme avrebbero raccontato la storia che gli stavo per proporre.
Lavorai a questo video con tutte le mie forze e realizzai un filmato in cui Beppe vide se stesso, in una decina di film diversi, che grazie al montaggio e all’uso di qualche frase di raccordo, stava già interpretando la storia che gli avevo appena raccontato.
Fu un emozione forte per entrambi. Lui si commosse e io dentro di me pensavo ad Enzo che in ogni passaggio della sua impresa aveva tentato sempre il tutto per tutto. Mi accorsi immediatamente che la storia stessa di Enzo era contagiosa, mi trasmetteva tenacia e voglia di farcela.
Meno di un anno dopo quell’incontro eravamo sul set. Stavo realizzando un sogno. Dopo tre anni di seconde unità stavo dirigendo il mio primo lungometraggio.
Nel mio piccolo ho cercato di fare una regia che fosse solida e comprensibile per un pubblico ampio come quello televisivo - senza rinunciare in alcuni passaggi ad un modo di ripresa più agile e sperimentale. Ho costruito alcuni piani sequenza nei momenti emotivamente più forti per tentare di non spezzare l’emozione del racconto, ho usato la macchina a mano per restituire quell’idea di tensione e di azzardo vissuta da Enzo nei momenti più sofferti, cercando di lavorare sempre, anche con la macchina da presa, al servizio della storia che avevo scelto di raccontare.
Con l’aiuto di una troupe straordinaria, sotto la guida propizia ed esperta del mio produttore e dei produttori Rai, trovando in Beppe una sorta di fratello maggiore che con la sua consapevolezza e professionalità ha saputo sostenermi lungo tutto il cammino, ho lavorato con tutte le energie affinché questa storia potesse arrivare al grande pubblico e magari possa essere per qualcuno persino fonte di ispirazione e di impegno civile.

“Nihil difficile volenti” recita un antico proverbio latino e Enzo Muscia mi ha insegnato che è vero.

Nicola Campiotti