Note di sceneggiatura di "Volevo Fare la Rockstar"
A sedici anni Olivia faceva sogni di libertà. Palchi in fiamme alle porte di cosmopolite città europee, chitarre elettriche urlanti, melodie furiose pompate fuori da amplificatori tenuti insieme dal nastro adesivo, camerini distrutti e una vita on the road, qualsiasi cosa che la liberasse dalla realtà in cui era nata e cresciuta: la villica, depressa e micragnosa provincia del nordest italiano. Una sorta di Kentucky post Grande Depressione ma senza l’epica malinconia della conquista del West; senza il bourbon ma con la grappa, senza la musica Country ma con il nauseante Liscio nostrano. Andava bene qualsiasi futuro, purché si suonasse. Meglio ancora se si fosse concluso prematuramente, magari con un’overdose a ventisette anni, come ogni degna Rockstar. E invece no. A ventisette anni Olivia ci arriva, ma non cavalcando la selvaggia Libertà che tanto agognava, bensì tirando il recalcitrante mulo della Responsabilità. Confinata nella stessa casa, nello stesso paesino e tra le stesse persone di sempre, dodici anni dopo Olivia si ritrova due figlie e un fratello più dannoso che utile a carico. E per quanto sia proprio la sua famiglia (irrequieta, vitale, sconclusionata e sul costante orlo del collasso) l’unica cosa a farla sentire ancora viva, la nostra protagonista, in seguito a un incidente quasi fatale, ha l’occasione di guardare la propria esistenza da fuori e chiedersi come sia arrivata fino a questo punto. Ma guardare in faccia la realtà può essere doloroso. Dove sono i concerti esplosivi? Dov’è quella versione punk del principe azzurro con cui ha sempre sognato di fuggire lontano? Cos’è successo? Perché non si dispera più per le sconfitte? E soprattutto perché si ritrova a esultare quando scopre che non le tagliano la luce appena non paga la bolletta? Non può essere così felice solo per aver aggiustato da sola la lavatrice. Questo non è vivere, è sopravvivere! Durante la serie, Olivia sarà costretta a fare a pugni con una crisi esistenziale che la forzerà a porsi delle domande. Era questa la vita che voleva? Dove ha sbagliato? Quando ha sbagliato? Può ammettere di aver sbagliato pur avendo davanti quei due angeli con la faccia sporca che lei stessa ha battezzato Emma e Viola? Questo fa di lei una pessima madre? E soprattutto, è troppo tardi per salvarsi? “Volevo Fare la Rockstar” sceglie di raccontare la rinascita di una vita a partire dalla decomposizione dei sogni, e sceglie di affondare le mani nel fango di questa crisi cercando di modellare qualcosa che abbia la forma della commedia indie internazionale, l’anima di una tragedia universalmente condivisa e il colore di qualcosa che speriamo si sia visto raramente sui nostri schermi. La serie racconta un punto di vista femminile sulla crescita e la maturità, ma anche una provincia italiana impoverita dalla Crisi ma ancora autentica e vitale. Racconta le storia di una famiglia disfunzionale in cerca di equilibrio ma anche un mondo un po’ trascurato dalla televisione italiana, quello dei venti-trentenni che si devono confrontare con un presente complesso e decisamente deludente.
Alessandro Sermoneta, Giacomo Bisanti e Matteo Visconti
23/10/2019, 10:33