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Note di regia di "L'Apprendistato"


Note di regia di
"In qualsiasi tipo di società la vita dell’individuo consiste nel passare successivamente da un’età all’altra e da un’occupazione a un’altra. Là dove le età, e quindi le corrispondenti occupazioni, sono tenute separate, questo passaggio si accompagna ad atti particolari: essi, per esempio, costituiscono, rispetto ai nostri mestieri, l’apprendistato, mentre per i popoli semicivilizzati, si espletano in cerimonie religiose, giacché presso di loro nessun atto è completamente svincolato dal sacro".
(Arnold Van Gennap, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, 2012)

L’apprendistato, inteso come secondo capitolo di una trilogia sull’adolescenza, è un film incentrato sull’osservazione dei cambiamenti che un ragazzo vive nel momento di confronto con le prime forme di disciplina, nel periodo in cui affina gesti, tecniche e soprattutto il carattere all’interno di un percorso di formazione professionale. È il racconto di quel delicato momento di presa di coscienza nella vita di ogni adolescente, durante il quale alcuni tratti fisici e caratteriali, anche solo appena accennati, prendono forma e vengono plasmati nel passaggio graduale alla vita adulta.
Mi interessava ragionare sull’idea di iniziazione, cercando oggi, all’interno di un contesto specifico e temporalmente definito, una traduzione di quelli che nell’antichità venivano identificati come “riti di passaggio”. Alla luce di queste considerazioni, ho cercato un contesto reale dove un ragazzo era portato ad accelerare il suo processo di crescita imparando da subito un lavoro. L’Istituto alberghiero mi è sembrato un contesto estremamente funzionale ed interessante all’interno del quale muovermi e osservare chi sceglie di imparare un mestiere fatto di regole e disciplina, sottostando alle leggi del mondo del lavoro al fine unico di servire i clienti.
L’apprendistato è costruito su un’idea ben precisa di racconto legato al luogo e al paesaggio scelto: la scuola delinea quattro mura e diventa un palcoscenico dove la messa in scena è reale, scandita dal normale svolgimento delle giornate. La forma di interazione con la realtà si basa pertanto su di un rapporto diretto e continuativo con le persone coinvolte, al fine di documentare in maniera graduale e accorta lo sviluppo caratteriale, fisico e intellettuale degli studenti. La struttura narrativa del film, in accordo con i docenti, interviene nella realtà della scuola e della vita degli studenti, così da costruire un film a cavallo tra l’osservazione di ciò che esiste e ciò che è la narrazione, non un documentario d’assalto. L’apprendistato è un film cercato, ritrovato e sviluppato nella realtà.
Ho deciso di lavorare con i ragazzi della prima classe per registrare e sottolineare il loro cambiamento durante l’anno. In scrittura con Micol Roubini abbiamo cercato di sottolineare il percorso formativo degli alunni attraverso la messa in scena di laboratori pratici, contestualizzandoli in alcune aree del palazzo ottocentesco che ospita la scuola, così da poter scandire al meglio la parabola educativa del protagonista. Ho filmato da solo, gestendo la parte tecnica e organizzativa in solitaria per non invadere troppo la vita scolastica e il normale corso delle cose. Il film è girato a cavalletto e con ottiche cinematografiche fisse degli anni ‘50 per cercare di restituire lo stesso rigore estetico trasmesso dalla scuola.

Davide Maldi

16/02/2020, 12:12