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TORINO FILM FESTIVAL 38 - Intervista ad Anna Marziano


TORINO FILM FESTIVAL 38 - Intervista ad Anna Marziano
Anna Marziano
Anna Marziano ha presentato al Torino Film Festival 38 il suo ultimo progetto, "Al Largo".

Una nuova tappa nel tuo percorso cinematografico, ispirata - leggo nelle note di regia - da incontri personali e dalla tua maternità: dopo "Al di là dell'uno" ti aspettavi di muoverti in questa direzione?

Penso che l’impatto con la sofferenza di una persona amata ci colga comunque impreparati. In una situazione normale costruiamo sin da bambini una certa fiducia nella vita, nella sua capacità di costruzione e rigenerazione; la vita però porta avanti il processo senza curarsi degli individui, quindi il processo di distruzione e quello di costruzione corrono di pari passo. Sta a noi mantenere lo slancio di fronte al rischio di esser vivi, regolare le vele col vento che è dato… e fondare le interazioni sulla solidarietà: Darwin stesso sosteneva che la solidarietà portasse al successo di una specie. Possiamo andare ancora oltre e lo vediamo oggi giorno con la pandemia: siamo tutti interdipendenti, non ci si può salvare da soli, né come singoli né come specie. Siamo parti di un pianeta comune.
La maternità è stata poi un’altra rivoluzione che è arrivata allo stesso tempo e che ha ulteriormente messo in luce il carattere fondamentale dell’interdipendenza, sia nella mia sconfinata e inaspettata devozione per mia figlia, sia nell’aiuto delle persone che ci sono state affianco. E’ importante che il lavoro di cura diventi visibile e venga redistribuito o quanto meno ricompensato equamente. Tuttora invece l’accudimento familiare grava principalmente sulle spalle delle madri-lavoratrici e sul lavoro irregolare.

Come spesso nei tuoi lavori, più idee e più strade si intrecciano per costruire il racconto: già per il film precedente te lo avevo chiesto, quanto è stato scritto prima e quanto costruito al montaggio?

Sia nel caso di “Beyond the one” (2017) sia nel caso di “Al largo” (2020), la scrittura e il montaggio assolvono funzioni diverse.
L’elaborazione e la definizione della proposta concettuale di un film si formula per me durante tutto l’arco di tempo della preparazione e delle riprese, che nel mio caso durano svariati mesi. Il montaggio può avviarsi parallelamente alle riprese ma resta per me un momento più “musicale”, più propriamente estetico, dove si compongono le necessità concettuali e le necessità estetiche portate (anche a sorpresa a volte!) dal materiale stesso.

Hai come sempre fatto tutto o quasi da sola, dall'idea al montaggio, dalle riprese al suono: per scelta o per necessità? In quale di questi aspetti - se dovessi - accetteresti un "aiuto"? E perché?

Penso che “Beyond the one” (2017) e “Al largo” non sarebbero mai potuti esistere se non li avessi fatti così, come si scrive una canzone, con un quaderno e a una penna pronti ad annotare parole all’occorrenza. Per questo la Bolex è una cinepresa perfetta. Fino ad ora, organizzare una troupe avrebbe avuto un impatto sull’organicità e sulla fluidità del processo, e col fatto che comunque mi sento in grado di assicurare l’immagine perché mi sono formata come direttrice della fotografia, ho prediletto il lavoro in solitaria. Non nego che spesso mi piacerebbe avere un fonico al mio fianco o un assistente per montare una lampada o copiare dei dati. A volte chiedo aiuto anche ai partecipanti stessi, il che crea anche una buffa osmosi tra il processo di creazione e la vita. Comunque non penso ci si debba sedere su quanto si è trovato: cambiano i modi e cambiano i soggetti… quindi non escludo in futuro di poter coinvolgere dei collaboratori, ti dirò col prossimo film!

25/11/2020, 12:20

Carlo Griseri