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TORINO FILM FESTIVAL 38 - "Calibro 9", la malavita di oggi


Presentato al TFF fuori Concorso il nuovo film di Toni D'Angelo, sequel di Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo. Un'operazione di attualizzazione di un film di genere che riusci grazie al regista e alla forza dei personaggi, a diventare un cult. Con Marco Bocci, Ksenia Rappoport, Alessio Boni, Michele Placido e Barbara Bouchet. Prodotto da Minerva Pictures con Rai Cinema, in co-produzione con la belga Gapbusters e sarà distribuito prossimamente da Minerva Pictures.


TORINO FILM FESTIVAL 38 -
Marco Bocci in "Calibro 9" di Toni D'Angelo
Operazione poco riuscita, questa diretta da Toni D’Angelo e presentata al Torino Film Festival fuori concorso. Operazione che sembra partire da un obiettivo poco chiaro, perché non basta prendere il bel film di Fernando Di Leo e appoggiarci una prosecuzione attualizzata. Guardando "Calibro 9" ci si chiede che senso abbia prendere un riuscito B-movie del 1972 e trasformare il sequel in un inutile C-movie del 2020.

Sì perché, il film originale intanto traeva ispirazione, non solo nel titolo, dai racconti eccezionali di Giorgio Scerbanenco con le atmosfere, i personaggi e la trama che maneggiate da un regista bravo e fuori dalle righe come Di Leo riuscivano a migliorare sullo schermo fino a farlo diventare un film di culto. E poi perché all’epoca un film del genere aveva il suo pubblico, incassava e rimaneva in sala per anni, tra prime e seconde visioni, grandi città, vendite internazionali e piccoli cinema di paese. Era un prodotto di qualità per un certo pubblico onnivoro di cinema, condizione che stimolava e aiutava la creazione ad alzare il livello.

"Calibro 9" sembra basarsi su una sceneggiatura lacunosa e già vista, ispirata e discendente dal personaggio di Ugo Piazza, ma troppo piena si stereotipi di oggi nelle situazioni e nei personaggi. La Milano dei Cavalieri e degli avvocati squali, ma anche la malavita calabrese che naviga tra vecchie casacce senza intonaco e grandi traffici nelle città europee, appoggiata ai soliti russi spietati quanto abili col computer, tra banchieri affamati con le mani sporche e rozzi quanto efficaci killer made in Aspromonte. Tutto già visto. E appesantito da una regia poco approfondita sui personaggi e non accurata sulle scene che dovrebbero dare “il genere” al film, quelle d’azione. Gli inseguimenti, le sparatorie, le scazzottate sembrano girate in fretta, con poca attenzione al dettaglio. Come quella nella barca dove nel bel mezzo della sparatoria, mentre i due personaggi obiettivo del colpi cercano riparo a terra, il pilota continua imperterrito a stare al timone in piedi, intoccabile dalle pallottole che gli fischiano intorno. Una messa in scena all’acqua di rose, violenta gratuitamente sono in alcune, poco significative e poco costose, scene statiche, come quella che coinvolge in casa la povera Barbara Bouchet…
Di certo Toni D’Angelo non è stato aiutato dagli interpreti, che sembrano impostati come in una fiction. Tutti, tranne forse Michele Placido, non raggiungono la sufficienza, qualcuno neanche il cinque. Non per demerito personale probabilmente ma perché si attaccano a caratteristiche già molto abusate per personaggi simili e il problema in questo caso è che nessuno, come per tutti i limiti del film, se ne sia accorto e abbia posto rimedio in fase di sceneggiatura, di casting e di riprese. Occasione sprecata.

23/11/2020, 09:48

Stefano Amadio