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GLOCAL FILM FESTIVAL 20 - Umberto B., B come Bossi


GLOCAL FILM FESTIVAL 20 - Umberto B., B come Bossi
"Umberto B." di Francesco Amato è uno dei sei titoli in competizione per Panoramica Doc del Glocal Film Festival numero 20, in programma dall'11 al 15 marzo su Streeen.org. Ne parliamo con il produttore Alessandro Carroli.

Come nasce l'idea di un documentario su Bossi?

L'idea è di Francesco, è farina del suo sacco, una sua necessità. Non è nata su Umberto Bossi, doveva essere sulla Lega Lombarda, poi Lega Nord. Ma dopo 4 secondi parlavamo di lui, e abbiamo capito che era lui il centro.
Il primo giorno mi parlò della sua necessità di raccontare questo "fenomeno", ci ha provato più volte nel tempo: è una fase della storia italiana che gli è appartenuta, avendola vissuta in Piemonte in adolescenza. Io sono romagnolo, sono del 1980, ma anche da noi arrivava l'eco in quegli anni di Bossi, l'entrata in campo di Berlusconi eccetera. Ricordo anche i primi simpatizzanti leghisti, che da noi non erano moltissimi, ma il loro pedigree culturale e politico lo ricordo bene.
Ci siamo trovati, quindi, poi tutto il resto è nato dal confronto, spinto però dal suo desiderio iniziale.

Si tratta di un progetto ampio, che ora prevede anche un film.

Siamo partiti con un gruppo di lavoro che seguiva la nostra identità societaria, da sempre attenta al cinema del reale e alle sue declinazioni, anche televisive.
Attualmente stiamo lavorando a un film a soggetto, di finzione, che si è nutrito di questo documentario, nato dalla frequentazione reale dei leghisti della prima ora, partendo da Bossi.
Dal documentario stiamo generando un film che ha però un'altra identità e che ora è in fase di scrittura della prima stesura: non sarà un ibrido tra realtà e finzione ma un vero film a sé stante, sui toni della commedia.

Il titolo alla De Sica quando nasce?

Nasce quasi subito, l'aspetto citazionista fa sorridere ma non c'è la voglia di collegare i due protagonisti, quello di "Umberto D." e il nostro Umberto Bossi. E' un gioco sull'assonanza, più che altro.
Abbiamo lavorato molto sulla costruzione del "mito" leghista, che aveva basi solidissime a livello di propaganda (il mito celtico, Braveheart, la Scozia, le corna, il machismo...).
Il nostro progetto riflette sulla costruzione del personaggio pubblico, e su ciò che per lui stesso ha comportato. Pur non essendo affini a lui ideologicamente, bisogna riconoscergli un guizzo di genialità nell'aver colto un malumore comune in Italia e averlo saputo catalizzare.

Come lo hanno accolto Bossi e i suoi?

Avere a che fare con Bossi direttamente non è mai stato troppo semplice, con questi personaggi è spesso così, e poi lui poco dopo la fine della lavorazione ebbe un altro malore.
Ma la sua addetta stampa ci ha detto che lo ha visto e gli è piaciuto, così come tutto il suo entourage e i leghisti della prima ora che abbiamo coinvolto, ci hanno detto di essersi ritrovati nel documentario.
Siamo contenti, pur partendo da idee opposte abbiamo cercato l'equidistanza e ci siamo riusciti: è sempre stato bravissimo a creare consenso: perché non ammetterlo? Pur avendo altre visioni, era giusto dargli il merito, quando c'era.
Poi ammetto che anche se le loro reazioni fossero state negative non mi sarebbe cambiato nulla, a me interessava fare il lavoro così e sono contento di come è venuto.

Che futuro avrà il documentario?

Ora ammetto che siamo molto concentrati sul film, lo avremmo fatto viaggiare di più se non ci fosse stato il lockdown, anche perché facciamo sempre così. Peccato, magari più in là.

E come EIE Film su cosa state lavorando?

Facciamo parecchie cose, per fortuna. In particolare ora siamo al lavoro su "Amate sponde" di Egidio Eronico, un lavoro di immagini e musica che racconta l'Italia post-pandemia con uno sguardo a 360 gradi. Sulle musiche stiamo lavorando con Vittorio Cosma e moltissimi ospiti. Siamo quasi a metà del guado, nonostante le difficoltà pratiche.

13/03/2021, 10:00

Carlo Griseri