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Note di regia di "Generazione 56k"


Note di regia di
NOTE DI FRANCESCO EBBASTA
Ideatore, sceneggiatore e regista degli episodi 1-4

Siamo sette miliardi di persone interconnesse tra loro. Ora, quante possibilità ci sono che la donna della tua vita sia nata e viva nella stessa città in cui vivi tu da quando sei nato? Quante possibilità esistono concretamente, su sette miliardi, che tu l'abbia trovata proprio qui, in fila alla posta, o tra i banchi di scuola? È un pensiero un po' ottimistico.

Generazione 56k nasce dall'idea di un romanzo, mai finito; perché se c'è una cosa in cui noi degli anni Novanta siamo davvero bravi, a parte il karaoke, quella cosa è non finire quello che abbiamo iniziato.
Ed è proprio di questo che avrei dovuto parlare in quelle pagine: la possibilità di perseguire una strada lineare, oggi, di credere in qualcosa o qualcuno in modo ottuso, nonostante il miliardo di possibilità e distrazioni diverse che il mondo ci offre ogni secondo. Ma poi mi sono distratto, appunto, e alla fine dopo qualche anno quel romanzo è diventato una serie, grazie anche al solido lavoro di Davide Orsini che mi ha aiutato a non innamorarmi d'altro per un bel po’.

La domanda a cui avrei voluto trovare una risposta era: riusciamo ancora a distinguere quello che ci rende felici, da quello che dovrebbe renderci felici?
Mosso da questa assuefazione possibilista, mi ero ritrovato a scavare tra i ricordi semplici di quando eravamo bambini. Il primo bacio, le prime VHS.

Generazione 56k è una storia d'amore. E a questo romantico inseguirsi di Daniel e Matilda fa da sfondo un racconto corale, in cui ogni personaggio mette sul tavolo problemi, domande e riflessioni contemporanee: sei davvero felice del tuo matrimonio perfetto? Perché ti spaventa così tanto avere un figlio? Hai mai avuto paura di incontrare una persona che hai frequentato solo sui social? E se semplicemente ti andasse bene così, a distanza? Ogni personaggio, con il suo punto di vista, tende a smantellare, in chiave comedy o drama, gli stereotipi relazionali con cui siamo cresciuti.

In questa serie non ci sono maschi alfa: gli uomini sono fragili, vulnerabili, hanno paura ad ammettere che non gli va di fare sesso, e vomitano ai primi appuntamenti.
È questo quello che più mi eccita di questa storia, e della possibilità di averla potuta raccontare: la commistione. Personaggi moderni, e atmosfere dal sapore antico. La sensazione, nonostante si stia parlando di app di incontri, di star respirando un po' d'aria di vecchia commedia.

Tutta la serie è attraversata da un senso nostalgico, dal gusto di un ricordo estivo.

NOTE DI REGIA DI ALESSIO MARIA FEDERICI
Regista degli episodi 5-8

Nelle quattro puntate che ho diretto sono stato aiutato dallo splendido lavoro effettuato dal team editoriale e dal mio collega Francesco Ebbasta per quanto riguarda la scelta degli attori protagonisti.

Insieme abbiamo inoltre scelto le location e cercato di trovare una visione comune per poter raccontare la storia in modo efficace.
Avendo diretto le ultime quattro puntate ho potuto in parte differenziare lo stile narrativo perché mi trovavo a concludere emotivamente tutte le storie sia nel presente che nel passato.

In accordo con il direttore della fotografia ho cercato di mischiare dei movimenti di macchina studiati per raccontare da vicino le espressioni degli attori insieme a campi larghi, più cinematografici e descrittivi, soprattutto nella stupenda location di Procida, per poter gestire i tempi del racconto.
In alcune situazioni in cui le storie verticali si andavano a concludere in dichiarata comicità ho cercato di mantenere inalterata la dinamica della commedia all’italiana utilizzando soprattutto campi larghi durante l’azione alternati a campi medi e primi piani per poter dettare il tempo comico e goderci i piani d’ascolto dei nostri interpreti.

Ho provato infine a differenziare la posizione della macchina da presa in tutte le situazioni con i bambini abbassandola a quello che è il loro punto di vista - determinato fondamentalmente dalla loro altezza - dando quindi una proporzione diversa rispetto agli adulti e agli ambienti che i nostri piccoli protagonisti si trovano a vivere.
Generazione 56K è la mia prima esperienza nella serialità e per questo è stata una sfida e una scoperta continua di novità narrative che non conoscevo, come ad esempio l’importanza di dare una storia verticale ad ognuno degli episodi.

Mi sono divertito moltissimo ed emozionato in modo incredibile ripercorrendo quelli che sono stati dei cult del mio passato e riscoprendo degli oggetti che nella nostra quotidianità non esistono più come la cabina del telefono e i gettoni. Per non parlare poi delle canzoni degli 883 che sono state la colonna sonora della mia adolescenza.