TRE PIANI - Gli strani malesseri della borghesia
Nanni scende in strada, senza vergogna, con le pantofole! Comincia così "
Tre Piani" il nuovo film presentato a Cannes e adesso, dal 23, in sala. Comincia in piena notte con uno strano incidente d’auto che ci permette di conoscere sin da subito gli inquilini della palazzina borghese e che incroceranno le loro storie mostrando debolezze e dubbi.
Per il resto le vicende si incrociano in punta di penna, raffinate e inutili come solo quel tipo di borghesia sa porre in essere, tra comportamenti radical chic e tematiche da salottino di Fabio Fazio. Temi adattati dagli sceneggiatori italiani (
Moretti, Federica Pontremoli e Valia Santella) sulla base dell’omonimo romanzo israeliano di Eshkol Nevo e dunque, per l’incomprensibile e ormai insopportabile esigenza di attualizzazione e localizzazione, assistiamo a una scena in un centro per migranti con tanto di manifestazione violenta e contraria, ma anche una depressione post partum (tema trito e ritrito al cinema) di una donna sola (
Alba Rohrwacher) con la propria neonata; o di dubbi e certezze del rigido magistrato di fronte alla colpevolezza evidente del proprio figlio, anche questo visto e rivisto.
Il lavoro in sottrazione degli attori, tanto di moda per riuscire a normalizzare l’italica “recitazione”, arriva a sfiorare il bisbiglio, con
Margherita Buy e Riccardo Scamarcio unici interpreti in grado di dare al personaggio un carattere definito e qualche grado di arricchimento all’intero film. Nanni Moretti fatica parecchio a far sue le battute che sembrano sempre appena imparate a memoria, mentre anche il resto del cast stenta a far propri i dialoghi troppo strutturati e scritti sempre con l’intenzione di costruire qualcosa. Per “buttare via” (recitare senza alcuna intenzione) dei dialoghi densi di significato bisogna essere dei bravissimi attori. In Tre Piani i dialoghi sono sempre sentenze e anche gli attori secondari (con parecchi camei dei migliori) sembrano non avere né il tempo né la voglia di trovare una soluzione interpretativa.
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Tre Piani" poteva essere un film graffiante, una fotografia nitida e spietata su una classe sociale ormai poco criticata dal nostro cinema e invece sembra un santino, scivola nel buonismo (il ritorno della Rohrwacher nell'ultima sequenza sembra appiccicato come quello della Cortellesi di "Gli ultimi saranno ultimi" di Max Bruno) e riesce a trasformare dei finali che potevano essere amari ma giusti in altrettanti lieti epiloghi lontani dal Moretti che, nonostante tutto, ancora amiamo.
P.S. Ma c’è una frase, pronunciata dalla moglie Dora (
Margherita Buy) al figlio Andrea (
Alessandro Sperduti) colpevole dell’incidente d’auto, che apre una porta senza mai chiuderla, una battuta che dice pressappoco così: “papà non c’è, è da quella donna” riferita al marito Vittorio (
Nanni Moretti). Ma intanto, Vittorio è lì con loro a dieci metri di distanza (in pantofole e vestaglia) e poi della “donna” citata dalla moglie Dora non c’è alcuna traccia per l’intero film. Forse accennava alla donna stesa sull'asfalto appena investita? Che senso ha quella frase. Che significa? Oppure abbiamo, in parecchi, capito male?
23/09/2021, 10:24
Stefano Amadio