Note di regia di "Alba Meloni Stella nelle Mie Stanze"


Note di regia di
Mi piace lavorare su figure di donne, non necessariamente famose, ma donne che hanno lasciato una traccia nella vita delle persone con cui sono state in relazione, me inclusa. M'interessa inoltre lavorare sulla memoria, sui legami tra passato e presente, sulle storie individuali intrecciate alla Storia collettiva. Alba Meloni non l’ho conosciuta, ma il suo personaggio mi è venuto incontro quando mi sono stabilita nell’appartamento di Testaccio che fu il suo e questo accadimento ha segnato per me l’inizio di un nuovo percorso creativo.
Come tante persone della sua generazione, Alba aveva un sogno: liberare l’Italia dal nazifascismo per costruire una società più giusta. Per questo entrò nella Resistenza con il nome di battaglia Stella. Anche oggi c'è una giovane generazione che si batte per il cambiamento, contro il neoliberismo, l’inquinamento ambientale, il razzismo e il patriarcato. Ed è proprio alle nuove generazioni che è dedicato questo progetto, sono loro i suoi destinatari ideali perché a loro è affidata la speranza di costruire un mondo migliore.
I documentari sono sempre il frutto di una ricerca, sulle persone o sui temi prescelti e sullo stile e i mezzi tecnici che s’intendono impiegare. In questo caso la mia indagine mi ha portata a progettare un documentario di creazione, personale ed evocativo. Il suo obiettivo è condividere l’immagine che mi sono fatta di Alba e la relazione che ho instaurato con lei seguendo le sue tracce nella casa e nel rione Testaccio dove ha trascorso gli ultimi 30 anni della sua vita e poi nelle strade di Roma dove da giovanissima aveva vissuto come staffetta partigiana. Il progetto è anche un’occasione per raccontare la Resistenza dal punto di vista delle donne, per le quali la lotta contro il nazifascismo fu anche uno strumento di emancipazione e di autodeterminazione. Il regime fascista voleva tenere le donne a casa, le voleva “figlie, mogli e madri”; le partigiane erano donne che volevano uscire dalla famiglia, volevano essere libere di comunicare con il mondo esterno. La conquista del diritto di voto è stato un risultato dell’impegno delle donne nella Resistenza.
Non sapevo nulla di Alba prima di entrare nell’appartamento, ma sin dal primo momento ho sentito una forte energia pervadere gli spazi, i mobili, i libri, gli oggetti a lei appartenuti. I suoi eredi me ne hanno lasciati tanti e io, per quanto possibile, li ho conservati, mescolandoli con i miei, come se lei me li avesse lasciati in eredità.
Tra le mura di casa ho trovato una moltitudine di “impronte” che segnalavano il passaggio di una persona con cui avevo parecchio da spartire. Così ho cominciato a interessarmi alla sua vita e a interrogarmi sulle sue scelte politiche e umane, tentando di dare corpo alle emozioni, al coraggio, alle paure di un’eroina qualunque che mi affascinava. La sua vicenda ha risvegliato in me ricordi che non appartengono a me, ma a mio padre e a mia madre, lui che
durante la guerra viveva vicino al fronte di Cassino e lei che era bambina quando i nazisti occuparono la sua Parigi. Inoltre, pur appartenendo a generazioni distanti e avendo vissuto esperienze molto diverse, mi accomuna ad Alba la passione politica.
Dalla relazione con lei deriva la scelta di esprimere la mia soggettività anche attraverso immagini di me nelle stanze in cui lei soggiornò fino alla morte e di accompagnarle con la mia voce fuori campo che, rivolgendosi a lei, immagina e ricostruisce il suo
quotidiano.

Da qui anche la scelta di riprendere Roma com'è oggi: il mio presente s’intreccia con il passato di Alba, la mia voce s’intreccia con la sua, con il racconto della sua esperienza di partigiana nella città occupata dai nazisti. I luoghi non sono una semplice cornice ma diventano dei personaggi, proprio come Alba, come me stessa, come la sua/mia casa, come le persone di cui lei parla e come Luciana Romoli, una partigiana ultra novantenne che ricorda di aver incontrato Stella in una riunione clandestina e che ho avuto la fortuna di rintracciare.

La mia videocamera è spesso rivolta verso l’alto per riprendere il cielo, la sommità dei palazzi e degli alberi, le linee aeree tramviarie: una scelta motivata dall’esigenza di astrarsi a tratti dalla contemporaneità, evitando di filmare le strade e le persone. Ho ripreso però alcuni murales di San Lorenzo e di altri quartieri, che, pur essendo contemporanei, sono sentinelle del passato. Con il medesimo spirito viene ripreso il Tevere, lo scorcio che si vede dalle finestre dell’appartamento di Testaccio, gli argini e il Ponte dell’industria (detto Ponte di ferro) dove il 7 aprile 1944, due mesi prima della liberazione di Roma, i nazisti fucilarono dieci donne che avevano assaltato un forno per procurarsi il pane razionato dagli occupanti. Ora il Ponte di ferro è inaccessibile, dopo l’incendio che lo ha devastato ai primi di ottobre 2021, ma la lapide dedicata alle 10 donne è intatta. Un altro luogo-personaggio è il rione Testaccio, che non è solo la cornice dell'ultima parte della vita di Alba Meloni, ma la materia stessa della sua quotidianità, delle sue relazioni, del suo impegno politico. La sua figura è inquadrata nelle sue interrelazioni con l’ambiente e con le persone che hanno condiviso la sua esperienza, come amici/e e compagni/e di partito.

La struttura del documentario prevede in sostanza tre livelli di racconto:
1) quello che Alba diceva di sé
2) quello che alcune
persone dicono di lei
3) quello che l'autrice pensa, sente e immagina.

E tre blocchi narrativi intrecciati:
1) la casa
2) la Resistenza
3) militanza/amicizia/rione Testaccio”.

Nadia Pizzuti