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Note di regia de "I Fratelli De Filippo"


Note di regia de
La storia dei fratelli De Filippo merita un racconto. Eduardo, Titina e Peppino in diversa misura e per ragioni differenti sono impressi nell’immaginario collettivo del nostro Paese. Ma prima di essere quei “monumenti” che conosciamo, i tre fratelli sono stati un trio. Dal 1931, sotto il nome di Compagnia del Teatro Umoristico i De Filippo, la formazione ha furoreggiato su tutti i palcoscenici dal Nord al Sud d’Italia imponendo tre grandissimi attori e un nuovo modo di far teatro. Con i De Filippo, gli argomenti portati in scena superano la tradizione del teatro napoletano legato alla farsa per intraprendere una strada più realistica attinta dalla vita di tutti i giorni. Il nuovo corso intrapreso dai De Filippo, più problematico e amaro, non spaventa il pubblico, anzi; la ditta riscuote un clamoroso successo. I De Filippo modificano il gusto delle platee fino a penetrare nelle maglie più profonde della società. Ma dietro questa “rivoluzione”, questo originale progetto culturale, ci sono tre artisti che prima di tutto sono tre fratelli con tre individualità differenti e una famiglia difficile alle spalle. Ed è proprio la famiglia il nucleo centrale della loro storia, perché è lì che si annidano le problematicità dei De Filippo, nonché i “motivi” della loro arte e i germi della loro separazione. All’inizio del Novecento, Titina, Eduardo e Peppino crescono in un ambiente molto particolare. I primi anni della fanciullezza li trascorrono divisi perché Peppino è affidato ad una balia in campagna a Caivano. Titina ed Eduardo invece, vivono a Napoli in un contesto piuttosto borghese all’interno del quale sarà difficile poi per Peppino, cresciuto fino ai cinque anni all’aria aperta e tra i maiali, integrarsi senza che questo non lasci ferite. Ma la ferita più profonda riguarda la figura del padre che nella famiglia De Filippo è assente, anzi è mascherato. Si nasconde sotto i panni di uno zio ricco e famoso, il grande attore e drammaturgo Eduardo Scarpetta. Zio Scarpetta che con premura e dedizione si occupa delle sorti della cara nipote Luisa, sola e con tre figli da mantenere, è nei fatti, un padre padrone che esercita il proprio controllo su una famiglia mai riconosciuta. La figura di quest’uomo è decisiva nella vita dei tre De Filippo. Scarpetta è un uomo di successo, un idolo per il suo pubblico vastissimo in un’epoca precedente al cinema in cui è soprattutto nei teatri che si forma l’immaginario collettivo. Scarpetta è un uomo di potere e con i successi inanellati dalle sue commedie ha accumulato una tale ricchezza da potersi permettere tutto. In una società in cui è lecito affermare la propria virilità anche attraverso una seconda famiglia, Scarpetta ne ha una terza e una quarta. Il suo è un vero califfato la cui prima regola è la spartizione netta tra la famiglia riconosciuta, e quindi gli Scarpetta, e tutti gli altri. Si tratta di una discriminazione che genera nei tre De Filippo una sofferenza, una continua frustrazione. Ma anche un sogno di rivalsa che avrà come scenario il luogo in cui Scarpetta utilizza tutti i componenti della sua poliedrica famiglia: il teatro. Anche in palcoscenico come nella vita privata, Scarpetta fa differenze: abbandonate le scene affida la sua compagnia a suo figlio Vincenzino, che scrittura i suoi fratellastri Eduardo, Titina e Peppino da comprimari e anche saltuariamente. L’effetto di questa emarginazione produce nei De Filippo un sentimento di competizione ma proprio per questo di applicazione, di perfezionamento, di crescita. Va aggiunto il talento dei tre fratelli. Un risvolto beffardo che Scarpetta non ha messo in conto è che ad aver ereditato la sua grandezza e carisma non sono i suoi figli legittimi bensì gli ultimi del suo tentacolare clan, i De Filippo. Quando alla morte di Scarpetta, dell’enorme eredità nulla finisce alla famiglia De Filippo, per i tre fratelli stingersi intorno alla madre, disillusa e abbandonata, e fare gruppo, è un sentimento che sgorga naturale. Un sentimento di coesione famigliare che si traduce in un progetto artistico. Nasce così la Compagnia del Teatro Umoristico i De Filippo che nello svolgersi della sua avventura sorpassa la compagnia Scarpetta fino a oscurarne addirittura il nome ‐ proprio quel nome negato all’origine. Il successo del trio è solido e travolgente ma le problematiche di ciascun membro del gruppo, ne minacciano la stabilità continuamente. I diversi caratteri, le ferite dell’infanzia, gli incontri che ciascuno dei tre ha fatto separatamente, i diversi progetti covati in segreto di vita e di carriera, sommati alle complicazioni di legami famigliari troppo stretti, producono una fibrillazione continua. È la madre, Luisa, ad adoperarsi affinché i suoi figli non entrino in conflitto e, venuto meno Scarpetta, conquista il centro della famiglia diventando il vero anello di congiunzione dei fratelli. Li incoraggia, smussa le asperità dei loro caratteri, ne alimenta la fiducia e le ambizioni. È un grande racconto popolare la storia di questi tre fratelli, e per questo contiene al suo interno generi diversi. È un racconto psicologico. Tre uomini feriti negli anni della formazione da un marchio ritenuto indelebile e i complessi rapporti interfamigliari che ne scaturiscono. È un racconto morale. Un riscatto è offerto a tutti ma va conquistato a fronte di sacrifici, studio, abnegazione e tanto coraggio. È la storia di una rivoluzione. Di come tre artisti, animati dall’ardore della giovinezza e dalla voglia di rinnovamento, cambiarono il corso del teatro, e di come Eduardo aprì le porte al Neorealismo. Ma è anche l’epopea di una famiglia italiana che con tenacia e dignità non si arrende mai e, nel solco del costume del suo popolo, si rimbocca le maniche e con ingegno e creatività si costruisce un nuovo futuro. Senza mai perdere la capacità di sorridere della vita e delle sue miserie, così come sa fare Napoli con i suoi De Filippo.

Sergio Rubini