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TORINO FILM FESTIVAL 39 - "L'Angelo dei Muri"


TORINO FILM FESTIVAL 39 -
Quando l'essenzialità racconta l'inafferrabile con una forte estetica e una chiara e coerente scelta stilistica nascono film come "L'angelo dei muri". Un rompicapo dove tutti gli ingredienti fanno la loro parte magnificamente, dove tutto sembra studiato fin nei minimi particolari ma al tempo stesso si svolge con una fatalità che conquista: l'urgenza delle cose che devono accadere.

In una Trieste ventosa, dal cielo grigio e nuvoloso, Pietro è un anziano che si lascia vivere nel suo vecchio e fatiscente appartamento in un palazzo diroccato che sta per essere ristrutturato. Lo sfrattano, ma lui non può abbandonare quelle mura che sono tutto il suo mondo, presente ma soprattutto passato.

Pierre Richard è gigantesco nel dare corpo (letteralmente) a questo uomo solo, oppresso dai sensi di colpa e pronto ad ogni espediente; un corpo senza voce, perchè Pietro non ha parole da dire, ma nulla sembra più naturale e senza forzature. Al suo fianco, partner di mille avventure, l'appartamento è vivo come se avesse un'anima (e in fin dei conti ce l'ha); non a caso il regista, Lorenzo Bianchini, firma anche la scenografia e la sorella Monica l'arredamento. Con una camera sempre in movimento, Bianchini dà vita a questo corpo fatto di cemento e mobili antichi, lo indaga fin nelle più recondite crepe, esplora ogni spazio da angolature innaturali e infine sembra volerci dire che questa interminabile soggettiva, in realtà, è lo sguardo della casa su se stessa e su ciò che accade: abbiamo guardato con i suoi occhi.

Elemento dal quale non si può prescindere, interviene sovente la colonna sonora, in perfetto amalgama con gli altri ingredienti: fatta di suoni dissonanti, rumori, ma anche da una dolce melodia che evoca emozione e amore, dà spessore e intensità dove serve lasciando spazio all'ineffabile. Come si diceva: nulla lasciato al caso ma tutto che sfocia in modo ineluttabile.

05/12/2021, 19:25

Sara Galignano