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IL TEMPO RIMASTO - Gaglianone: "Un film su ciò che resta"


Dal 20 gennaio 2022 Zalab porta nei cinema italiani l'ultimo lavoro del regista Daniele Gaglianone.


IL TEMPO RIMASTO - Gaglianone:
Dopo l'anteprima assoluta all'ultimo Torino Film Festival, "Il tempo rimasto" di Daniele Gaglianone da giovedì 20 gennaio 2022 sarà in sala in tutta Italia distribuito da Zalab.

L'anteprima torinese è andata bene, giusto?
L'accoglienza al TFF è stata molto buona, il pubblico ha reagito bene, sono state proiezioni molto partecipate sia in termini quantitativi – e in un periodo così non è scontato - sia per la partecipazione emotiva, c'è stata una grande dialettica prima e anche dopo la proiezione.
Sono anche molto contento, e parzialmente sorpreso, che per ora i pochi giovani e giovanissimi che l'hanno visto (parlo di ragazzi e ragazze tra i 12 e i 17 anni) sono stati molto colpiti dalla visione. Volevo fare un film sulla vecchiaia che parlasse ai ragazzi, ci siamo riusciti secondo me: chi supera l'eventuale scoglio di non volere vedere un lavoro "sui vecchi", scoprirà che invece è su infanzia e giovinezza!
Volevamo anche ricucire uno strappo che per forza maggiore c'è stato, tra i più vecchi e i giovanissimi, separati in questi ultimi due anni anche per paura dei contagi.

Come hai scelto i tuoi protagonisti?
Il progetto è una costola di una raccolta di testimonianze che sto registrando per un archivio del '900 dal basso, ideato con Istituto Luce. L'idea nasce dalla consapevolezza che quando la generazione di chi oggi ha 85/90 anni scomparirà, non ci sarà più nessuno che si ricordi direttamente del mondo com'era prima delle grandi trasformazioni. Negli ultimi decenni tutto è cambiato, tra un nonno di 90 anni e un 12enne di oggi c'è in mezzo un altro sistema solare, non solo un altro mondo.
Sapevamo che il documentario doveva essere complementare e opposto rispetto al lavoro per l'archivio, puntavamo a fare un film che fosse più sospeso e rarefatto, che indagasse lo stato d'animo sia di chi è raccontato sia di chi racconta, cioè il mio. Una riflessione sulla “finitudine”, inoltre, sul sentire che ti stai avvicinando alla fine, anche se ovviamente speri che avvenga il più lontano possibile... ma in qualche modo l'aspettiamo tutti, senza restare fermi o passivi.

Come hai lavorato sul tema?
Non volevo fosse una riflessione retorica o fumosa, non abbiamo mai chiesto a nessuno programmaticamente di parlare del senso della vita. E' una riflessione sul passato: rievocando e rivivendo cose lontane e remote diventano quasi il presente, sono quasi un salto in avanti.
Ci sono momenti del film in cui ciò che rievocano è come se annunciasse un futuro che pensavamo di aver messo da parte: ora alcune cose dimenticate suonano più prossime (una certa diseguaglianza sociale più estrema – la scuola solo per i figli di papà, ad esempio – o il disagio alimentare allargato), ora abbiamo la sensazione di vivere in un mondo sempre più incerto, inquieto e inquietante. Ma il film riflette su ciò senza essere "sulla morte", è sulla vitalità.

Che struttura hai pensato per il racconto?
Il film è molto semplice – volti, voci – ma è anche molto complesso e anomalo perché non ha una struttura canonica, lo spettatore anzi se cerca una struttura ricorrente dopo un po' si rende conto che deve lasciarsi andare...
Il mio consiglio allo spettatore è: non cercate un filo conduttore, smettendo di farlo sarà il filo a trovare voi! Alla fine si avrà la sensazione di avere attraversato uno spazio organico, anche se non sai mai cosa vedrai al prossimo stacco: è una sorpresa continua.
In montaggio potevano venir fuori almeno 20 film diversi, avevamo 80 ore di girato già selezionato per questo. Abbiamo lavorato lasciandoci andare noi per primi, accostando le varie parti a volte senza saper giustificare i perché, conoscendo il materiale ci veniva in mente un momento da collegare e lo facevamo. E' come un sogno: se lo giudichi dal punto di vista della razionalità non lo capisci, devi cambiare logica.
E poi il titolo, che è ambivalente: riguarda sia quello che hai consolidato alle tue spalle sia quello che ti rimane ancora da vivere, ma per me è molto più importante il primo senso, il tempo incrostato negli oggetti e nei volti.
Lo considero uno dei miei film più personali, sento molto presente il mio stato d'animo.

Il documentario sta per iniziare il giro d'Italia...
Sì, e io con lui: giovedì sarò a Torino, ma il film esce anche nel nord in tutte le regioni – abbiamo già fissato date a Milano, Brescia, Bergamo, Padova, Bologna, Genova e altre ancora. Visto il periodo difficile, speriamo di restare in tenitura in sala ma per il documentario è difficile sempre, specie se indipendente. Ma sono abbastanza fiducioso: faremo tutto il possibile, Zalab fa sempre un ottimo lavoro. E' anche una scelta di principio restare in sala anche a gennaio, ci crediamo: lo avevamo promesso e non ce ne andiamo.

19/01/2022, 16:48

Carlo Griseri