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MICHELE COPPINI - La pandemia raccontata con ironia


Il regista ed attore toscano ci racconta il suo film "Dio e' in Pausa Pranzo", nelle sale dal 28 marzo.


MICHELE COPPINI - La pandemia raccontata con ironia
Come è nata l'idea per la realizzazione "Dio è in Pausa Pranzo"?
Michele Coppini: È nata per caso, preso da una forte crisi d'astinenza di "fare", chiuso in casa, come tutti, durante il lockdown del 2020. Terminata la prima zona rossa, mi sono visto con Alessio Venturini, che abita vicino a casa mia, per girare in una grotta alcuni sketch che vedeva come protagonista uno dei complottisti protagonisti del film. Rivedendo il girato ci siamo accorti che avevamo davanti del materiale potente, estremamente comico e di notevole denuncia sociale. Quindi, nuovamente tornati in zona rossa, ho buttato giù la sceneggiatura di un film, con una storia che riuscisse a legare tanti diversi complottisti. Ma l'idea degli zombie l'ho trovata ascoltando per caso Radio Maria...

Come Radio Maria?
Michele Coppini: Eh si, Radio Maria è quella che mi ha ispirato l'idea degli zombie. Un giorno, per caso, mi capitò di ascoltarla in una galleria dell'autostrada, proprio mentre lo speaker disse che questa pandemia è stata creata apposta dai potenti per rendere degli zombie chi si oppone al sistema.

Cosa ha rappresentato per te il Covid-19 e le sue implicazioni e cosa c'è di autobiografico nel film?
Michele Coppini: Di sicuro una rottura di coglioni! Come per tutti. Non si poteva più uscire e più socializzare. Ma quando ho preso atto che avrebbero anche vietato a mia moglie di portarmi all'Ikea, ho iniziato a pensare che alla fine, una pandemia non ha tutti lari negativi.
Di autobiografico c'è la paura di morire, l'ipocondria e l'amore per il cinema.

Dirigere e recitare il film, come è stata questa esperienza?
Michele Coppini: Per me è una cosa normalissima, ormai, lo faccio da 25 anni, da quando avevo circa 17 anni, periodo in cui iniziai a girare il mio primo cortometraggio. Se, poi li faccio entrambi bene o male, sta al pubblico dirlo.

Cosa rappresenta per te il cinema di George Romero, visto i vari richiami all'interno del film?
Michele Coppini: È stato il prima cinema horror che mi ha formato, sono le mie basi. Io sono un comico ma ho sempre amato gli zombie, tanto che i miei preferiti sono, appunto, quelli di George Romero, il vero "babbo" dei morti viventi, e i protagonisti dell'immortale videoclip "Thriller" di Michael Jackson, diretto dal mitico John Landis. Come Ubaldo Lumaconi, il protagonista del mio film, sono cresciuto guardando i film di George Romero, con la differenza che io, poi, ho scelto di voler far ridere.

Avresti mai pensato ad un film del genere, senza che scoppiasse la pandemia da Covid-19?
Michele Coppini: Non credo... la pandemia ci ha scombussolati tutti, ci ha "shakerato" le emozioni, e quando scrivo, faccio molta attenzione alla mia sensibilità di quel momento. Ma soprattutto, questi ultimi due anni, hanno fatto si che anche la follia di certa gente mi ispirasse.

Hai dimostrato che si puo' ironizzare su una Pandemia Mondiale. Quale è la forza dell'ironia nel cinema e nei tuoi film?
Michele Coppini: Ridere fa bene, migliora la circolazione e ci fa arrivare più ossigeno al cervello. Quindi i film comici andrebbero prescritti da ogni medico curante. È una medicina senza effetti collaterali. Io, con i miei film, spero sempre di alleggerire le giornate alle persone, soprattutto durante una pandemia.

Infine, come è stato l'iter produttivo del film?
Michele Coppini: Il film è autoprodotto da me e Massimiliano Manna, il mio socio di Officine Papavero, insieme ad Alabama Monroe. Abbiamo investito su questo progetto, perchè ci sembrava un'idea valida, visto il contesto che ci circonda, ed ancora non era uscito niente di "italiano" sulla pandemia tranne "Lockdown all'Italiana" di Vanzina, una commedia classica. Noi abbiamo tentato di fare qualcosa di più innovativo, di originale.
Le location da utilizzare in tempo di pandemia erano poche e per questo abbiamo girato in casa mia, quella che si vede nel film.
Abbiamo girato seguendo il protocollo Covid per il cinema con poche persone sul set, distanziati, con test seriologici che venivano effettuati tutti i giorni, mascherine e quant'altro. Ci è mancato molto il contatto fisico, specie nelle pause delle riprese, ma comunque ci siamo tanti divertiti come fossimo a ricreazione a scuola. Diciamo che in quel periodo, più che stare su un set, pareva di stare in un Asl sanitaria, però vabbè, è giusto anche che fosse così.

31/03/2022, 19:27

Simone Pinchiorri