Note di regia di "Qui non c'e' niente di speciale"
Del sud Italia e della Puglia in particolare, una cosa che mi ha sempre impressionato è la grande quantità di ruderi e rovine abbandonati. Alcuni si ergono ben visibili al centro dei campi incolti ai lati delle strade, altri si nascondono sotto il mare. Tutti raccontano di altre vite, risalenti a secoli fa o a volte anche solo a pochi decenni.
Nella prima settimana di sopralluoghi di Qui non c’è niente di speciale, mentre iniziavo a dialogare con quelli che ancora non sapevo sarebbero diventati i protagonisti del mio film, quelle rovine mi venivano spesso in mente.
Sembravano starci a pennello con quel paesaggio quasi sopito, con quei ritmi lenti, che a tratti parevano immobili, con quei discorsi capaci di prendersi i loro tempi, di non avere fretta. Solo con il passare dei giorni però, ascoltando attentamente le parole di Peppino, Anna, Alessandro, Marco e Ginevra, mi sono accorto davvero di cosa c’entrassero quei ruderi e quelle rovine con le loro vite.
Qui non c’è niente di speciale è la storia del passato osservando il presente. È la testimonianza di un’emigrazione costante osservando le vite di chi ha deciso di restare, è il racconto di una ricostruzione che ha ben chiare le rovine su cui costruisce. E poi è la storia di un tentativo di rinascita, della ricerca faticosa di un’alternativa futura possibile, della forza di non dare nulla per scontato.
Anche qui dove - come Peppino, Anna, Alessandro, Marco e Ginevra mi hanno detto
tutti almeno una volta- "Non c’è proprio niente di speciale".
Davide Crudetti