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Note di regia de "L'uomo sulla strada"


Note di regia de
Quando ho letto il soggetto de L’uomo sulla strada, scritto da Serena Cervoni e Mariano Di Nardo, vincitore del Premio Solinas, ho capito subito che era la storia con cui volevo esordire al cinema. Ci ho visto subito un film che avesse al centro di tutto i sentimenti e la credibilità psicologica dei personaggi, il tutto però calato in un meccanismo narrativo coinvolgente e avvincente. È la storia di una ragazza di 18 anni, Irene, che per crescere, per completare il suo coming of age, ha bisogno di superare il trauma della morte di suo padre, avvenuta in un incidente proprio sotto i suoi occhi quando era solo una bambina. Come spesso accade nelle persone che hanno vissuto simili eventi, col tempo ha finito per negarsi la possibilità di essere felice, di prendere in mano la sua vita, come se avesse assunto su di sé la colpa di un evento su cui in realtà non aveva nessun potere. La vita, beffarda come solo lei sa essere, la fa incontrare con l’uomo che di quell’incidente fu, suo malgrado, la causa. Finisce infatti nella fabbrica gestita da Michele, un giovane imprenditore, che di quel crimine non si è mai preso la responsabilità, finendo però inconsciamente per auto punirsi, scegliendo la vita che suo padre aveva scelto per lui e che forse non desiderava. Quando Michele riconosce il nome della figlia di quell’uomo, quando vede la sua difficoltà nello stare al mondo, chiara conseguenza di quel trauma, intravede nel prendersi cura di lei una possibile via di espiazione, o meglio di riparazione al danno causato. Incontrare di nuovo Irene è come un secondo incidente, che per la seconda volta lo costringe a rimettere in discussione tutta la sua vita. Michele inizialmente sa che se vuole proteggere se stesso e la sua vita, deve allontanare quella ragazza. Però, allo stesso tempo, la vede così problematica, indifesa, segnata, soprattutto 6 per colpa sua e quindi non può farlo, non può rimanere indifferente. Ed è allora che inizia la danza del loro lento, reciproco, avvicinarsi. Una danza fatta di strappi, accelerazioni improvvise e passi indietro. Michele inizia a inseguirla, a spiarla e Irene si accorge di quelle attenzioni inspiegabili. Potrebbe nutrire qualsiasi dubbio sulla loro natura, basterebbe un briciolo di razionalità per tenere lontano quell’uomo più grande che per giunta è il suo capo, eppure la sua presenza la fa sentire al sicuro. Lui non fa richieste come tutti, non le chiede di essere diversa, migliore, di cancellare per sempre la sua rabbia. A volte le sembra che stia lì per prendersi cura proprio di quel sentimento che la separa del mondo. Michele è l’unico che riesce nella sfida impossibile di avvicinarla, di cambiarla senza che lei se ne renda conto. Irene rinasce. E lo fa anche Michele. Fare qualcosa per la persona a cui ha distrutto la vita gli fa tornare la fiducia in se stesso, gli regala il coraggio per uscire dai binari, per riprendere la sua vita da dove l’ha lasciata. Per una volta proverà a fare una cosa che sfugge al rigido controllo che vige su di sé: costruire un locale tutto suo. Per entrambi la posta in gioco è altissima e ogni singolo passo di quella danza è un lento procedere verso il pericolo. Irene non può ignorare di sentirsi felice accanto Michele, si innamora di lui e per la prima volta riesce a vedere la sua vita oltre quel lutto. Non immagina che proprio adesso che sta per sentirsi libera dal passato, in realtà ci si sta per scontrare in maniera definitiva. Anche Michele, che pure è legato profondamente a Laura, una donna che è l’unica custode del suo segreto, finisce per innamorarsi di Irene. Adesso per lui c’è solo una cosa da fare: dire la verità, finalmente. E liberare così tutti: Irene, Laura e se stesso, da quel fardello. L’uomo sulla strada è una storia che non ha paura di addentrarsi nella profondità e nelle contraddizioni dell’animo umano. Che non ha paura di indagare istituti profondi dell’animo umano: come nasce l’amore? Quanto potere abbiamo su di esso? Può esistere una giustizia riparativa e in definitiva il perdono per chi ha causato la morte? Michele e Irene in fondo rivendicano la stessa cosa: il diritto ad essere felici. Oltre alla grande introspezione psicologica, di questa storia mi ha colpito da sempre anche l’ambientazione, quella di una provincia laboriosa, sonnolenta, ordinata, dove risalta ancora di più l’anomalia della storia d’amore impossibile tra Michele e Irene. Un’ambientazione da thriller dell’anima, che alterna distretti industriali a grandi alberghi, la natura dei boschi ai non luoghi come il diner, o a fughe in un altrove artificiale come il pub in stile americano. E ancora, è un film in cui l’elemento acqua (la piscina, il lago) e il suo potere rigeneratore fa la comparsa in alcuni dei momenti drammaturgicamente più decisivi. 7 È una storia d’amore abitata però anche da altri personaggi memorabili quanto veri: Laura, che per amore si è spinta fino a coprire un crimine; Samuele, che per la sua colpa ha pagato e ha imparato che nella vita si può sbagliare; Gabriella, una madre che vive sulla sua pelle l’incapacità di aiutare la figlia in difficoltà; Milana che sa prendere la vita così come viene, perché forse prenderla a pugni come fa Irene non sempre è la soluzione migliore. Infine, ho scelto di raccontare L’uomo sulla strada, perché è un film che parla di speranza. Sono infatti convinto che, nonostante tutto, la vita e l’amore vincono sempre.

La visione stilistica
L’uomo sulla strada sarà un film elegante, frutto di un’atmosfera fotografica fatta di chiaroscuri e penombra come un sole timido che si introduce a tratti, per poi esplodere nel finale, seguendo il percorso narrativo ed emotivo di Irene e di Michele. L’atmosfera rarefatta, la geometria dei luoghi, la composizione dell’immagine, i colori tenui, il movimento della macchina da presa faranno da contrappunto alla narrazione, sottolineando il viaggio emotivo della protagonista. L’utilizzo di un formato pittorico come il 2:1 permetterà di affiancare una maggiore ricerca formale nelle geometrie ad uno sguardo reale, vero. Sguardo che sarà catturato attraverso l’utilizzo degli obiettivi Panavision Primo che, con il loro look morbido ma allo stesso tempo nitido, fanno in modo che l’immagine da loro riprodotta perda gradualmente il fuoco in maniera quasi onirica con i suoi piacevoli bokeh circolari. La loro capacità di riprodurre i colori neutralmente, sarà in grado di darci la perfetta immagine per la nostra storia. I colori seguiranno una tavolozza ben precisa fatta di toni terreni, di blu intensi, di rossi inattesi, creando un mondo ideale, una provincia ideale in un nord ideale, che potrebbe essere in Italia così come nel nord Europa o negli Stati Uniti d’America. Adattabile ad ogni tipo di provincia. Un processo molto utile a livello di regia che sto adottando da mesi è quello di immedesimarmi a tratti nei panni di Irene e anche di Michele.

Il cast
L’attrice protagonista, Aurora Giovinazzo (Freaks Out), è un elemento artistico sul quale ho sempre puntato fin da quando era piccola. Entrai in contatto con lei nel 2015 attraverso la sua famiglia per proporle un ruolo in un mio cortometraggio che fu poi presentato a Venezia ’73 nella sezione Le Giornate degli Autori, vincitore del premio Nuovo Imaie come miglior attrice emergente e in selezione ufficiale ai Nastri d’Argento. Quando ha preso corpo il personaggio di Irene all’interno della sceneggiatura de L’uomo sulla strada, ho capito che Aurora avrebbe potuto ricoprire in modo eccelso questo personaggio, vedendo nella sua esplosività, nella sua imprevedibilità - ma anche rispetto ad un’introspezione che la riguarda - certe sfumature che mi facevano pensare appunto al personaggio di Irene. Sono estremamente convinto che al momento, rispetto alla sua fascia d’età, lei non abbia rivali in Italia. Il protagonista maschile è Lorenzo Richelmy. Fu il primo attore che provinai per il ruolo di Michele, e fu anche quello che da subito mi convinse del fatto che potesse avere tante sfumature di Michele. La sua fisicità, le occhiaie marcate e quello sguardo che ti attraversa, anche senza proferir parola. La sua carriera è partita in modo scintillante aggiudicandosi il ruolo di protagonista nella serie internazionale Marco Polo. Successivamente, a tratti, a mio avviso ha fatto delle scelte artistiche che non hanno valorizzato a pieno il suo valore. Questa per me è una doppia sfida. Fare un buon film e dimostrare al tempo stesso il talento di un così bravo attore. Nonostante abbia poco più di trent’anni, ha già una carriera molto ricca che ha fatto di lui un attore molto completo, capace di dare al personaggio di Michele un fascino fatto di mistero e tormento, aggiungendo a questo una nota di lucida follia, oltre allo spaesamento dovuto all’incredibile incontro che la vita gli mette davanti. Astrid Casali ricopre il ruolo di Laura, la moglie di Michele. Il suo percorso al momento è ancora per così dire breve, provenendo solamente da un unico film, America Latina, dove ricopriva il ruolo di protagonista femminile. Trattandosi di un thriller, ho sempre cercato per questo ruolo degli elementi Hitchcockiani, trovati poi esattamente - come ci eravamo prefissati mentalmente - nel volto di Astrid Casali. Imprime alla perfezione nel personaggio di Laura i tratti di una femminilità molto moderna, consapevole, agguerrita, capace di dialogare con la propria forza e con le proprie fragilità, restituendo alla perfezione la complessità del personaggio.

Le location
Fin da subito, ho eseguito in modo per così dire maniacale la ricerca dei luoghi e delle ambientazioni riguardanti il film. Credo vivamente che la giusta location, che calzi perfettamente al racconto, rappresenti un’ulteriore stesura del copione, conferendo alla narrazione l’esatta atmosfera che incornicia il tutto. Il luogo appropriato smaltisce il lavoro della fotografia e della regia e al tempo stesso lo valorizza, incorniciando i personaggi in un quadro credibile e veritiero, mettendo l’attore a proprio agio.

Le musiche
Al di là del finale - dove ho volutamente utilizzato un brano cantato - pensavo che il film necessitasse di brani musicali prettamente ambientali, che incorniciassero l’atmosfera sospesa e rarefatta sia dei momenti più intimi che dei momenti di particolare tensione, che aumentano quando volgiamo verso la fine del racconto. Personalmente quando preparo un progetto, mi piace farlo mentre ascolto un genere musicale che si sposi il più possibile con il tipo di narrazione richiesta. Gianluca Mangiasciutti