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FCP 2022 - Corrado Ceron: "Acqua e Anice, Silvia e Stefania"


FCP 2022 - Corrado Ceron:
Corrado Ceron è stato ospite del Festival del Cinema di Porretta Terme con la sua opera prima "Acqua e Anice", interpretata da Stefania Sandrelli e Silvia D'Amico.

Come è nato questo cast meraviglioso, di cui fa parte anche Paolo Rossi?

Ho avuto molta fortuna, li abbiamo scelti insieme alla produzione ma non si conoscevano prima. Si sono amalgamati subito benissimo, già dai primi giorni di set, in modo molto armonioso. Una delle prime scene che abbiamo girato è stata quella del ballo sul pontile della casa di pescatori tra la Sandrelli e Rossi, in cui c’era anche Silvia.
Anche finite le riprese della giornata, ridevano, scherzavano insieme. Si è subito instaurato tra loro un rapporto. Soprattutto tra Stefania e Silvia, che sono diventate amiche anche nella vita, continuano a sentirsi ancora oggi.
Lascio molta libertà agli attori: Stefania Sandrelli mi chiedeva sempre cosa volevo da lei, ma era solo per avere conferme e farmi capire che si fidava di me, che ero io il regista (seppur agli inizi).

Come avete scelto il titolo?

Tutto nasce da una canzone di Paolo Conte in cui dice che viaggiare nella pianura padana è come immergersi in un bicchiere di anice, dato il suo colore grigio e "nebbioso"... Ma è una bevanda che in Romagna bevono ancora moltissimo! E poi si rifletteva nel carattere di Silvia e Stefania, o meglio di Maria e Olimpia: una un po' anonima e l'altra piena di carattere, dal loro incontro non capisci se è l'acqua che viene sporcata dall'anice o l'anice che viene pulito dall'acqua... Di certo, però, entrambe si influenzano.

Prima del tuo primo lungo hai realizzato moltissimi cortometraggi.

Ho iniziato da giovanissimo, a otto anni, a girare con una Super8, con le bobine da due minuti. Ho iniziato con mia sorella facendo horror casalinghi, è sempre stato molto naturale. Durante l’incontro con il pubblico di ieri, mi chiedevano quale fosse stato il film che ha rappresentato per me una svolta e ho risposto "Twin Peaks" di David Linch, ma già da prima avevo il pallino della messa in scena.
Il primo corto professionale, con troupe, dove io e mio padre abbiamo anche investito economicamente, è stato quando avevo 29 anni, per un contest organizzato da un progetto contro la violenza sulle donne, Action for Women, promosso da Michelle Hunziker e promosso dal Consiglio D’Europa e dalla Camera dei Deputati. Siamo arrivati primi su 600 corti provenienti da 21 Paesi europei e abbiamo avuto la possibilità di vederlo proiettato a Venezia.

Le limitazioni, produttive e pratiche, ti aiutano?

Trovo che siamo molto bello poter imparare a girare con dei paletti. Ad esempio, credo che i corti dovrebbero essere quasi a budget zero. Questo ti permette di mettere davvero in moto le idee. Il corto è il regno dell’indipendenza della regia, perché sei tu il tuo produttore e questo ti permette di sperimentare di più. Mi è servito moltissimo aver lavorato con i corti. Io ho imparato quasi da autodidatta e solo poi ho fatto una scuola di regia a Roma. Ma la tecnica l’ho imparata lavorando sui miei primi lavori. La scuola che ho fatto, invece, mi è servita perché ho lavorato su venti corti, per i quali ho fatto un po’ di tutto – la regia, l’aiuto-regia, il montatore, la scenografia – e bene o male impari le varie mansioni. Anche per questo, preferisco definirmi filmmaker piuttosto che regista.
Se io conosco la fotografia, l’inquadratura, le lenti possibili, allora posso consigliare, indicare le soluzioni che vorrei concretizzare. Conosco bene anche il montaggio, perché credo che sia una riscrittura, che sia regia anche il montaggio. La regia, in fondo, è creativa fino a un certo punto, perché devi seguire obbligatoriamente alcuni limiti. Con il Montaggio puoi salvare scene, quasi riscriverle. Ed è utile anche sul set, perché permette al regista di avere il vantaggio della pre-visualizzazione, in modo da non disperdere energie nel girare scene che non ti servono.

09/12/2022, 09:31

Carlo Griseri