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Note di regia di "Chello’Ncuollo"


Note di regia di
Sono cresciuta in un piccolo paese di campagna dove le credenze popolari relative al ciclo mestruale sono sempre esistite ed esistono tuttora. Soprattutto nella ritualità di certi momenti della vita rurale, è diffuso il sapere che le donne abbiano dentro una forza distruttrice e impura quando hanno il ciclo, quando hanno “chello ‘ncuollo”.
"Chello ‘ncuollo" è un’espressione dialettale che si usa per riferirsi al ciclo mestruale senza nominarlo. Significa letteralmente “quella cosa addosso”, come se le mestruazioni fossero una presenza negativa che incombe sul corpo. Ciò che non si può "dire" fa paura. E infatti quando hai il ciclo hai il potere di far seccare le piante e far marcire la carne, di far andare a male la passata di pomodoro soltanto toccandola.
La storia di Renata è impressa del vissuto di diverse generazioni di donne a me vicine. La generazione di mia nonna, di mia madre, ma anche le mia. Questo aspetto ha determinato una direzione chiave nella realizzazione del corto, ovvero la scelta di ambientare la narrazione fuori dal tempo. Raccontando credenze immobili e immutabili, che si tramandano e che continuano a esistere, volevo creare una sovrapposizione di elementi che impedissero di determinare una collocazione precisa a livello temporale. Centrale per me era in tal senso il concetto di ripetizione, la ripetizione di qualcosa che resta sempre uguale e che succede ancora e ancora. Il corto inizia con il contadino Peppino che cammina in un campo di pomodori maturi, e termina all’atto della semina alla fine dell’inverno nello stesso campo. All’interno di questo ciclo vitale e agricolo vi è il rito della preparazione della passata, vi è il ciclo mestruale di Renata e il ciclo delle stagioni. Anche la filastrocca che narra Peppino "U cunt’”, è un eterno ritorno, un tempo che ricade su se stesso. Questi elementi mi hanno sempre portata a concepire il corto come un film sul tempo che scorre e sulla pulsione vitale nascosta sotto la superficie delle cose.
Il lavoro sulla musica è stato effettuato seguendo questa nervatura, alla ricerca di un nucleo modulare, che riprendesse il senso di ripetizione, la solennità dell'eterno ritorno e allo stesso tempo la leggerezza dell'effimero. Il gioco, il sacro, la natura e la terra sono state le parole chiave che hanno guidato la composizione musicale, realizzata da Marco Biscarini e Alessio Vanni. Nelle musiche sono presenti inoltre dei fonemi, voci spezzate che creano una dimensione misteriosa, sacra e disincarnata, per far sì che che le natura si abitasse di presenze.
Per la realizzazione del corto ho deciso di lavorare con attori alla prima esperienza e di farli esprimere in dialetto. L'approccio alla messa in scena attingeva a uno spirito documentaristico, senza rinunciare all’ironia di certi momenti, o alla laboriosità di certi riti che volevo descrivere. Vicini al corpo di Renata, intendevo osservare le sue emozioni, la sua vitalità, la sua curiosità. Renata è legata a un’energia che viene dalla terra, l’elemento del corto appunto. Il ciclo vitale della natura trova eco in ogni creatura vivente, nelle persone e anche negli animali e nella vegetazione. Per questa ragione volevo che la natura avesse il suo spazio all’interno del corto, come se fosse un personaggio da raccontare, che nell'arco del film si trasforma.
All'interno del cortometraggio è presente la figura di Santa Lucia, una santa spesso associata alla purezza e al solstizio d'inverno, quando le giornate iniziano ad allungarsi, torna la luce e si prospetta un nuovo raccolto.
Santa Lucia è infatti la santa dei cicli stagionali, ovvero l'equivalente cristiana di Cerere. Durante la scrittura del corto, avevo perciò un grande desiderio di questo simbolo e dell'immagine del personaggio di Achille in contemplazione della santa: si trattava di un momento che mi permetteva di introdurre una sorta di eroina, una figura femminile speciale, dotata di poteri speciali. Essendo Santa Lucia la santa della vista e della luce, spesso rappresentata con l'immagine degli occhi, è per me la santa del cinema, un elemento magico che volevo rappresentare.

Olga Torrico