Davide Livermore e Paolo Gep Cucco hanno presentato alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Special Screenings, la loro opera prima “
The Opera! Arie per un'eclissi”, interpretata dalle star della lirica Valentino Buzza, Mariam Battistelli e dal grande Erwin Schrott, insieme a Vincent Cassel, Fanny Ardant, Caterina Murino e Rossy De Palma.
Avete realizzato un film-mondo, gli elementi che lo compongono sono numerosissimi...
«Nel film ci sono tante cose, perché di tante cose è fatta la vita: abbiamo voluto raccontare il viaggio, quello che si deve fare per affrontare la morte e il dolore è moltissimo. Il percorso verso la comprensione del dolore di una vita spezzata è un viaggio che si fa con l'arte, tanto presente nella vita. Vogliamo ritrovare tutto ciò, ricordarlo a noi e alla gente che lo guarderà. Perché abbiamo fatto un film? Ogni volta che allestivamo un'opera lirica a teatro ci veniva detto che sembrava di essere al cinema, per questo stavolta abbiamo deciso di fare direttamente quello: ci siamo inventati un genere nuovo, l'opera musical, un genere tutto nostro, superando i confini. Il musical non nasce nel Novecento, ha radici molto più lontane. Mi rendo conto che citare Aristotele possa sembrare troppo, ma bisogna tirare su il livello: c'è un tempo per l'azione e un tempo per l'anima».
"The Opera!" è girato e pensato a Torino, la vostra città.
«Torino ci ha ispirato molto, ci ha fatto capire che l'arte può migliorare il livello di vita delle persone: siamo orgogliosi di aver girato lì, dove con “Cabiria” il cinema è nato come forma d'arte. Ci ha formati come artisti ma anche fatto soffrire, ci ha allontanato e ripreso: ci ha soprattutto convinto dell'idea che l'arte possa aiutare la società. Sapevamo che solo un set virtuale di grandi dimensioni poteva permetterci di restituire la fantasmagoria che avevamo in mente: quando la si usa in modo creativo la tecnologia è emozionante. Fare tutto questo a Torino è stato importante per noi. Abbiamo girato anche dentro al Regio, un'opera di Mollino straordinaria, e anche il Museo dell'automobile è diventato parte fondamentale del nostro progetto».
Avete costruito un cast di grandissimi nomi, anche dietro la macchina da presa (i costumi di Dolce&Gabbana, le coreografie di Daniel Ezralow...).
«Non abbiamo minimamente pensato a costruire un cast sui nomi, ma solo sui nostri desideri: abbiamo pensato a chi ci piaceva e abbiamo fatto una cosa che raramente si fa, abbiamo parlato alle loro anime, per coinvolgerle, ricordando loro che facciamo questo per l'arte. Cassel è stato il nostro primo nome, il ruolo di Caronte era molto difficile, inizia subito parlando in camera e coinvolgendo il pubblico: la sua naturalità e piacevolezza sono state decisive. Anche Caterina Murino, con cui avevamo già lavorato, è sempre stata centrale nel progetto; mentre Fanny Ardant e Rossy De Palma sono perfette in due ruoli completamente opposti tra loro, anche visivamente. Ma non dimentichiamoci i nostri protagonisti, che sono cantanti d'opera: per loro era molto difficile la parte, dovevano recitare molto e farlo accanto ad attori internazionali. Sono stati bravissimi, tutti quanti».
26/10/2024, 08:32
Carlo Griseri