Presentato alla 22esima edizione di Alice nella Città "
Squali", il nuovo di Alberto Rizzi, ispirato a “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij. Con Mirko Artuso, Stefano Scherini, Diego Facciotti, Sara Putignano, Chiara Mascalzoni, Maria Canal, Gregorio Righetti e Alessandro Apostoli. Una produzione Magenta in collaborazione con Ippogrifo Produzioni.
Liberamente ispirato a “I fratelli Karamazov” di Fedor Dostoevskij, “
Squali” di Alberto Rizzi è ambientato sui Monti Lessini nelle Prealpi italiane ai giorni nostri. Una moderna tragedia greca, un western veneto, nell'estremo Nord-est italiano. Per una serie di sventure i tre fratellastri e la sorellastra Camaso si ritrovano da adulti a tornare nella casa del vecchio padre, Leone Camaso (Mirko Artuso), un omuncolo, ladro e ingannatore. L'intreccio delle passioni, delle relazioni amorose e degli odi dei fratelli, li porta costantemente a scontrarsi tra di loro, ma li accomuna nell'odio estremo verso il padre.
L’800 come oggi, i Karamazov russi come i Camaso italiani, nulla cambia quando ci sono di mezzo i soldi, l’odio, l’avidità, la mancanza di valori se non quelli dell’accumulo materiale, del potere sul più debole. È quello che muove il patriarca Leone Camaso, che vede nei suoi figli Demetrio, Ivan, Alessio e Sveva degli impiastri capaci solo di chiedere, di mirare alla sua ricchezza, dei buoni a nulla, non all’altezza di cotanto padre. Un padre che non ha nemmeno dato degna sepoltura alle madri dei suoi figli e che si rifiuta di dare a Demetrio quello che gli spetta per permettergli così di rifarsi una vita.
Alberto Rizzi, regista e sceneggiatore di “Squali”, delinea dei personaggi che somigliano a quelli descritti dallo scrittore russo: Leone è crudele e bestiale, Demetrio (Stefano Scherini), Dmitrij nel romanzo, odia profondamente il padre e nello stesso tempo ne è ossessionato. Ivan (Diego Facciotti) eccelle nello sport e non nella scrittura come accade nel romanzo, ed è ugualmente perverso e controverso. Smerdjakov è il Riccio. Alëša Karamazov è Alessio, tornato dal padre dopo aver lasciato il seminario, che presenta le stesse caratteristiche descritte da Dostoevskij. Grušenka diventa la Crucca e lo starec Zosima una santa. L’unica differenza è rappresentata da Sveva, non presente nel libro, anche lei tormentata come i fratelli.
Il regista si prende molte libertà nella narrazione della vicenda, mantenendo però l’essenza del romanzo capolavoro di Dostoveskij, un film ammantato di quella stessa atmosfera di vuoto e disperazione, raccontando con efficacia le miserie umane in una sorta di non luogo, squallido e senza luce dove i protagonisti amorali, crudeli, fragili, sono in cerca di una forma di salvezza che sembra sfuggirgli, incapaci a fuggire davvero dai loro demoni e a dare una svolta alla loro vita.
26/10/2024, 09:09
Caterina Sabato