Liberamente tratto dall’omonimo libro di Costanza Savini e Gianfranco Di Nino, "
La stanza indaco" di
Marta Miniucchi è stato presentato a Roma in Alice nella città. "
Gianfranco ci ha preso per mano anche nella stesura della sceneggiatura, era fondamentale per me", racconta la regista.
Il film si inserisce nel genere sick-lit ma con alcune importanti differenze.
Marta: Del genere in sé e per sé mi piace sempre vedere come i giovani reagiscano ai momenti di difficoltà, come riescano a trovare un senso alla malattia, come riescano in questi casi a ricorrere a risorse inaspettate.
Nello specifico di questo film mi interessava parlare di un tema più ampio, quello dell'umanizzazione delle cure, e farlo attraverso la figura di due giovani, che non sono però gli unici protagonisti. Parliamo dell'ospedale e della terapia intensiva in particolare, e di come poterla affrontare in modo più umano e meno freddo: due visioni diverse della cosa si scontrano, una per cui è fondamentale importare la vita dentro il reparto, che il paziente faccia esperienze ricche anche dentro l'ospedale, e un'altra contraria, più rigida.
Evitare i cliché del genere non deve essere stato semplice.
Marta: Per me protagonista del film è la terapia intensiva e come il pensare la cura, come detto, e da qui sono partita a sviluppare le vicende dei personaggi. La lente non è solo su pazienti, medici e malattia, ma in modo più ampio coinvolgo anche chi è fuori dall'ospedale ma coinvolto con chi sta dentro. In tutto ciò emerge tanta vita, anche se quasi sempre abbiamo girato in interni.
Come è stato costruito il cast?
Marta: Samuele è stato il primo a mandarmi un self tape e non ci potevo credere di aver già trovato il mio protagonista: ho continuato a provinarne altri, anche bravissimi, ma con lui c'è stato un colpo di fulmine.
Desideria era perfetta per questo ruolo, molto più giovane ma bravissima, perché ha portato una delicatezza del personaggio non scontata,
Ma tutto il cast è stato prezioso, penso a Stefano Fregni nel ruolo dello psichiatra ma soprattutto a Elena Di Cioccio, che era credibilissima come infermiere: abbiamo girato in un vero ospedale, in una parte del Sant'Orsola di Bologna, e quando lei girava per i corridoi tutti la prendevano per vera!
Desideria, che esperienza è stata questo film per te?
Desideria: Avevo 18 anni quando abbiamo iniziato e 19 appena compiuti a fine riprese. E' stato meraviglioso entrare in un'anima diversa dalla mia, ho sentito proprio un cambiamento: quando ti immedesimi in qualcuno senti come delle vibrazioni, piano piano ti avvicini sempre di più a qualcosa che è diverso da te ma che inizia a fare parte di te.
La porto ancora nel cuore, come gli altri personaggi che ho interpretato, però in questo caso è stato molto interessante il fatto che fosse molto lontana da me, l'ambiente che ti circonda poi ti aiuta a entrare nel ruolo.
Per il resto ora continuo a studiare e formarmi, è importantissimo, e continuo a fare provini.
27/10/2024, 07:46
Carlo Griseri