Che bel film!!! Comovente ma chi sopratutto mostra l'importanza dell' amicizia!! Ho scoperto un altra attrice italiana , Ambra Angiolini. è, in questo fillm' il personaggio chi mi piace di più... Reciterà in "Bianco e Nero" di Comencini chi meno male non è ancora uscito in Francia! Saluto il ruolo di Favino. Avevo ancora allo spirito il personaggio di "Libanese" che recitava in "Romanzo criminale". Quinidi, sono stata molto sorpresa!
L'elaborazione del lutto al centro del film di Ozpetek. Benchè un film corale, ogni personaggio vive il momento di dolore in assoluta solitudine. I momenti di contatto tra i diversi dolori sono la ragione di vita che si infondono l'un l'altro. Quello che fa andare avanti è il sapere di non essere soli, benchè i dolori possono essere personali. Il regista usa la macchina da presa come un abbraccio. I piani sequenza uniscono gli attori e le diversità. Buona caratterizzazione dei personaggi, Pierfrancesco Favino brilla. Ambra rivelazione.
La familiare atmosfera delle "Fate Ignoranti" si impossessa subito della scena, e, attraverso spaccati di vita comune che si rinnovano come riti pagani, rimane presente in tutta la durata del film. La "comune" gia descritta in modo delicato e profondo nel precedente film si ripresenta leggermente rinnovata nelle facce e nei personaggi, senza pero' quella leggera e costante immersione in un mondo diverso. Il regista sembra infatti riprendere il filo da dove lo aveva lasciato, con personaggi evoluti che affrontano nuove situazioni. Sembra quasi un film già visto e la vicenda del ragazzo in coma e' solo un aspetto intorno al quale gravitano situazioni diverse. Se fosse fatto da un altro regista sarebbe un film piu' bello. Da segnalare due cose: l'ottima interpretazione della sig.ra Angiolini in Renga che sembra quasi non recitare ma esprimere un lato non conosciuto di se' ed i dialoghi fra Fantastichini e la "matrigna" del giovane in coma, tanto semplici quanto veri.
Uno dei film più belli e coinvolgenti dell' anno... Bellissimo e molto commuovente. Forse il migliore di Ozpetek...
Saturno, pianeta lento secondo i conosciuti dogmi astrologici, porta difficoltà ed ostacoli a chi incontra nel suo cammino. Ma anche riflessione: si, perché davanti ad ogni lacerazione si riflette, ci si ferma. Il dolore getta scompiglio nelle ipocrisie quotidiane e costringe a costruire qualcosa di nuovo. Ozpetek ripropone il tema della morte e dell’elaborazione del lutto; il film ruota intorno alle figure di Davide, Lorenzo e il loro gruppo di amici i quali non sono spaventati dall’abitudine, dal per sempre, anzi i loro incontri già conosciuti e già visti li confortano e li sollevano dall’angoscia di ogni giorno. Il malore di Lorenzo e la sua morte lenta, così come il transito di Saturno, li costringe ad uscire dal loro limbo e guardarsi in faccia. E’ il dolore che affossa e l’uomo da sempre cerca di vezzeggiarlo. Il dolore ci comprende tutti. E l’amicizia che si fonda sul rispetto reciproco, sulla com-passione nel suo significato etimologico, è l’elemento che salva chi rimane. In fondo Saturno riguarda e ci guarda giocare a ping pong: è la nostra consapevolezza di essere soli, di andare verso una mèta ineluttabile, verso un distacco forzato. Si compie così il “teorema Ozpetek” fatto di valori universali ed esenti da facili definizioni e categorie ben omologate iniziato con le “Fate Ignoranti” e poi passato attraverso “La finestra di fronte” e “Cuore sacro”. Il film ci parla a tratti con immagini rotonde e fluenti che ritroviamo negli odori dolci ed incensati della cucina e che rende partecipe lo spettatore al rito collettivo della cena, a tratti con immagini intense che si rispecchiano nello sfondo di rose rosse dal quale emerge Isabella Ferrari, simbolo dirompente della incapacità di opporsi alla vita e alle scelte non sempre facili che comporta. Come sempre azzeccatissima, e comunque Ozpetek anche in questo è un maestro, la colonna sonora del film che va a ripescare nella canzone francese d’autore, che ci svela la versione inedita di cantante di Sofia Loren e che ci fa vivere con la coppia Gabriella Ferri-Roberta, quest’ultima interpretata da un’eccellente Ambra Angiolini, uno dei momenti topici del film.
Bel film! Il microcosmo di Ozpetek si allarga: la pellicola fotografa tante esistenze costrette a guardarsi dentro da un evento-dramma, che le stravolge tutte, la vita come roulette russa, sfida e destino. Un pò sul modello Fate ignoranti, torna l'amore omosessuale (vissuto con più legittimità e trasparenza), convincenti Favino (al solito), il resto del cast volutamente eterogeneo; per molti sono ruoli già interpretati: Accorsi, la Buy, La Ferrari.
Dopo l'affascinante excursus tra le pieghe della povertà e della santità di "Cuore Sacro", dove il barocco andava a braccetto con il melodramma, il regista italo-turco Ozpetek ritorna sui suoi passi; infatti questo suo nuovo lavoro ricorda per certi versi il film che l'ha consacrato definitivamente "Le fate Ignoranti", un po' più imborghesito stavolta. Il titolo prende spunto da una battuta di Roberta (Ambra Angiolini) che dice "Oggi ho pure Saturno Contro", in riferimento al passaggio del pianeta rispetto al segno zodiacale, ma in realtà il pianeta è avverso un po' a tutti i personaggi che, nel bene o nel male, percorrono un loro viaggio interiore.Ozpetek dirige un film a tratti bellissimo (in molti aspetti sembra un film quasi Altmaniano..), soprattutto per i piccoli dettagli, le caratterizzazioni, i personaggi di contorno (la scena della ragazza al telefono che piange; la scena dell'atto sessuale "immaginato" tra i due amanti Stefano Accorsi e Isabella Ferrari). Poi però si perde in melodrammi troppo dolorosi, troppo già visti centinaia di volte per ottenere un esito originale, ed in scelte visive discutibili, nel senso più letterale del termine (troppi virtuosismi della macchina da presa). Quello che manca ad Ozpetek, a mio parere, è un filo di grottesca ironia, unica possibile via d'uscita per non trasformare una storia di dolore in dramma da "fiction". I buoni propositi però ci sono tutti, davvero. Il cast sorprende, e Ambra Angiolini è brava più di quanto potessi immaginare, così come Luca Argentero. Margherita Buy è splendida, e riesce a reinventarsi anche se le affidano ormai sempre lo stesso ruolo. In sostanza, la speranza c'è ancora; forse sarebbe il caso per Ozpetek di cercare un protagonista diverso da Accorsi, variare leggermente la trama rispetto ai suoi precedenti film...
Ozpetek torna alle atmosfere de "Le Fate Ignoranti" e dirige un bel film, forse un pò prevedibile nello svolgimento ma molto intenso. Ottimo Favino (come sempre!) mentre boccio Ambra Angiolini che interpreta maluccio un personaggio secondo me inutile alla storia.
Una fiaba araba racconta di un pesciolino rosso che alla ragazza che l'ha pescato dice: "Liberami e ti sarò amico per sempre". Ed è proprio un pesciolino rosso l'ultima cosa che Davide (Pierfrancesco Favino), scrittore di fiabe, vede di Lorenzo (Luca Argentero). Liberarsi dalla dipendenza per scoprire veramente il senso dell'amicizia e dell'amore vuole forse essere la chiave di lettura del lavoro di Ferzan Ozpetek. Ma è la dipendenza da qualcuno o da qualcosa a tenere insieme tutti quanti, che per difendersi dalla vita sembrano delegare ad altri - siano essi oggetti o persone - le decisioni e le responsabilità, e la dipendenza dal fumo (la sigaretta è un elemento ricorrente in tutto il film) è metaforica di una impossibilità di "stare senza". La generazione di quarantenni ritratta da Ozpetek sembra unita dall'amicizia ma in realtà ognuno è solo. E se ne accorge nel momento del dolore supremo, della perdita più radicale. E' sola la ragazza (russa?) che piange disperata al telefono in una lingua che possiamo appena intuire, è sola Angelica lasciata dal marito, è solo Davide con il suo lutto, è solo Antonio (Stefano Accorsi) con la sua amante Giulia (Isabella Ferrari), incapace di vivere senza la moglie. Tutti sono amici ma nessuno sembra in grado di comunicare con gli altri: non ci riesce Antonio, non ci riesce Davide, non ci è riuscito il padre di Lorenzo. Sembriamo tutti votati al fallimento quando tentiamo di comunicare forse perché "accettiamo ma non condividiamo" come ci insegna Sergio (Ennio Fantastichini). Solo Neval (Serra Ilmaz), la straniera, riesce ad essere paradossalmente la più diretta. Nel finale il gruppo sembra ricomporsi proprio quando cessa di parlare e si lascia andare all'azione, al gioco e smette di filtrare i sentimenti. Bel film, un po' stentato nel primo tempo, ma che nel secondo riesce a partire e ad essere credibile recuperando ampiamente. Molto curate le scene, nella loro composizione e nella fotografia. Molti i simboli sparsi che riconducono ad una spiritualità latente (tema affrontato in "Cuore Sacro"): il labirinto della camera ardente, la camminata del gruppo, la visionarietà (la resurrezione di Lorenzo), il corpo di Lorenzo prima esposto alla cinepresa e poi nel momento della malattia nascosto, quasi esiliato e poi di nuovo riesposto dopo la morte. Cast di grandi attori ma su tutte l'interpretazione di Pierfrancesco Favino, prima delicato e dimesso e poi deciso e tragico senza sbavature.
"Saturno Contro", il nuovo film di Ferzan Ozpetek è il ritratto corale e un po’ malinconico di un gruppo di amici costretti, alla soglia dei quarant’anni, a fare i conti con alcuni nodi irrisolti della propria immaturità. Lorenzo (Luca Argentero) fa il pubblicitario e vive insieme a Davide (Pierfrancesco Favino), scrittore di successo. La loro unione omosessuale va a gonfie vele. Hanno un rapporto molto aperto e sincero con i loro amici, li invitano spesso a cena: scherzano e chiacchierano con la psicologa Angelica (Margherita Buy), che ha convinto tutto il gruppo a partecipare a un corso per disintossicarsi dal fumo, e con il marito Antonio (Stefano Accorsi), bancario in crisi, invischiato in un adulterio con la fioraia Laura (Isabella Ferrari). Sergio (Ennio Fantastichini), l’ex compagno di Davide, non fa nulla nella vita e si proclama frocio (“non gay, io sono all’antica” dice in una delle tante battute spiritose del film). Completano il quadro la turbolenta e un po’ persa Roberta (Ambra Angiolini), il giovane Paolo (Michelangelo Tommaso), scrittore in erba in cerca di qualcuno a cui far leggere il proprio manoscritto e la simpatica e pettegola Neval (Serra Yilmaz, vera attrice feticcio di Ozpetek) che si accompagna al marito poliziotto (Filippo Timi). Il film, miscelando con efficacia i diversi destini dei protagonisti, solleva importanti tematiche morali e sociali. E scatenerà polemiche per la presa di posizione molto netta a favore del pieno riconoscimento delle unioni omosessuali. La morte di Lorenzo irrompe con la violenza incomprensibile degli eventi che scuotono un equilibrio, rompono un’armonia, tracimano nello sconforto della solitudine. Da dove viene il profondo smarrimento che si legge nello sguardo di quasi tutti i protagonisti di Saturno contro? Angelica, Antonio, Roberta, Sergio sembrano incapaci di “individuarsi”, di gestire il conflitto se non a costo di un travaglio interiore cui loro stessi, per primi, non sanno dare parola. Sono come agìti e sovrastati dalle difficoltà che vorrebbero superare. I soli a comportarsi da adulti, fatta eccezione per Davide, che vive il lutto per il compagno Lorenzo con rigore e dignità, sembrano essere i bambini. Ed è un segnale tragico quello che lancia dunque Ozpetek. La figlia di Antonio e Angelica - auscultando con il bicchiere appoggiato alla parete della camera i loro litigi - comprende il corso degli eventi e si sforza di tematizzarli, fino al paradosso di voler fornire consigli alla madre su come ricucire il rapporto. La piccola - lasciata sola con sé stessa - non trova però altro modo per scaricare l’angoscia che rivalersi sul fratellino minore (obbligandolo a mangiare anche il suo pasto e intimorendolo sulla futura separazione dei genitori). La famiglia italiana letteralmente non esiste nell’universo visivo di Ozpetek. E’ distratta, lontana dalle esigenze affettive primarie, quelle che “dovrebbero” tenere in piedi e fortificare una relazione. L’unica forma di aggregazione, fondata sulla trasparenza e la gratuità di un sentimento d’amore è quella tra i gay Lorenzo e Davide. Un legame che solo la morte spezza per sempre. Già, per sempre. L’amore, l’amicizia, l’onestà verso se stessi e gli altri, possono durare per sempre? Ozpetek ruota attorno a questo interrogativo in maniera ossessiva, tenendo in scacco i suoi personaggi. Ecco perché in molti di loro si avverte il bisogno continuo di ritrovarsi assieme, di riunirsi attorno ad un tavolo per un bicchiere di vino o per una cena conviviale, come se non riuscissero a separarsi, come se fosse soltanto la sommatoria di tante individualità a poter dare un senso a quello che sta succedendo. Da soli si rimangono in balia di sensazioni confuse, di percezioni distratte, di una grande e sorda solitudine, come quella marchiata nell’espressione gelida di Roberta, o nello sguardo titubante di Antonio. Ozpetek affronta di petto e con risolutezza anche uno dei temi caldi della contemporaneità (e della politica italiana in particolare), quello riguardante le unioni di fatto, le coppie omosessuali: i “Dico” tanto per capirci. E’ la forza e la “normalità” dell’amore tra Davide e Lorenzo che saprà distinguersi ed elevarsi sopra la confusione così prevedibile che regna sovrana nella vita dei loro inseparabili amici. Chi più chi meno, tutti alla deriva. Il padre di Lorenzo, sceso a Roma dal nord per “riprendersi” quel figlio che non ha mai accettato, dopo le iniziali esitazioni, capisce e cede all’evidenza. E’ Davide e solo Davide che può decidere come sarà tumulata la salma della persona con cui ha vissuto per anni, condividendo casa, letto, vestiti. Rispettando insomma la sua volontà. Un gioco di gruppo, una partita a ping pong nella villa dove Lorenzo e Davide si sono conosciuti dandosi il primo bacio, sancisce la parabola di questo nucleo di amici, conviventi, amanti. Rattristati dalla morte ma forse di nuovo uniti e aperti alla fiducia.