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Note di sceneggiatura de "La Nave Dolce"


Note di sceneggiatura de
Per quelli della mia generazione (e della mia terra: Bari), la Vlora è rimasta per sempre in mezzo al mare. Perché a ripensarlo, quell’agglomerato umano prodigioso non si sposta di lì, sta per attraccare e rovesciare su di noi un altro mondo; sta per fare della nostra costa la porta di centinaia di migliaia di arrivi e di passaggi per l’Europa. E di noi, il guado tra dolore e futuro.
Per La nave dolce, siamo partiti dalla Vlora e abbiamo intrecciato una rete. La ricerca dei testimoni è cominciata come la più classica delle ricognizioni. Dagli articoli di giornale ai servizi televisivi. Dalla domanda: “Conoscete qualcuno che è arrivato a Bari con la Vlora?” fatta circolare presso sportelli per immigrati, associazioni interculturali, social network, volontari, colleghi giornalisti, amministratori, medici di primo soccorso, poliziotti di frontiera, autorità portuale, agenzie marittime e, naturalmente, albanesi ormai baresi. Un annodarsi di ricordi, rimandi, numeri di telefono, che di bocca in bocca, di faccia in faccia, ha portato alle storie. Abbiamo pensato a una trama che prevedesse per ciascun ‘personaggio’ un piccolo avanzamento del racconto, dalla caduta della statua di Enver Hoxha alla partenza della nave, dall’epica traversata alla detenzione arbitraria nello Stadio della Vittoria, fino alla fuga o al rimpatrio forzato. Ciascuno, portatore di un capitolo di questo storico esodo. Li abbiamo incontrati, intervistati e loro hanno riaperto per noi il varco, dall’Albania all’Italia.
Tutto si è naturalmente composto, dall’eroico comandante della nave, Halim Milaqi al piccolo Ervis, affidato dai genitori a un passante perché avesse diritto a un mondo nuovo. E, alla fine, è arrivato Tony, il pizzaiolo di sempre. “Tony, tu che sei albanese, per caso conosci qualcuno arrivato con la Vlora?”. “Io!”. Tony si chiama in realtà Agron ma questa è stata una scoperta di quel giorno. Ci ha svelato che la Vlora trasportava zucchero con il quale, a bordo, “tenevano viva l’anima”.
Così Agron Sula ci ha regalato il titolo: La nave dolce. E siamo partiti.

Antonella Gaeta

24/10/2012, 09:40