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VENEZIA 74 - "Joy", affrontare il proprio passato


VENEZIA 74 -
Una scena di "Joy"
Difficile giudicare un lavoro come "Joy", cortometraggio diretto da Daniele Gaglianone girato a Torino negli spazi dell'Ex Moi, occupati da anni da persone rifugiate e migranti, senza partire dal contesto e dagli obiettivi.

L'idea nasce dal lavoro di Gaglianone, della casa di produzione Zenit Arti Audiovisive e dell'associazione multietnica Con MOI, un'esperienza di convergenza tra persone caratterizzate da differenti culture e provenienze geografiche: la volontà era quella di unire parti di fiction e parti documentarie, entrambe costruite sulla base delle vere esperienze dei protagonisti.

Da una serie di workshop sono nati storia e personaggi, costruiti dal regista insieme ai suoi "attori": la vicenda narrata è quella di Joy, ragazza di seconda generazione e di famiglia mista, appassionata di danza e coinvolta al MOI da un'amica per un progetto. Una volta lì, però, lo scontrarsi con realtà così dure e con persone a cui non riesce a sentirsi legata (nonostante - o forse proprio a causa - del comune colore della pelle) la manderà in crisi. Solo un nuovo discorso con la madre, arrivata in Italia da quell'Africa che Joy, invece, non ha mai visto e non "riconosce", potrà cambiare le cose.

Le atmosfere di partenze richiamano uno dei lavori più interessanti di Gaglianone, quel "La mia classe" in cui all'attore-professore Valerio Mastandrea si affiancavano veri migranti che davanti alla camera interpretavano sia dei personaggi sia le loro vere storie.

Là tutto funzionava meglio, in termini di resa scenica. Qui i protagonisti sono meno efficaci quando sono chiamati a recitare (l'assenza di una guida, di un partner come Mastandrea si fa sentire), rendendo l'operazione interessante e ammirevole ma anche meno coinvolgente di quanto potrebbe.

07/09/2017, 22:10

Carlo Griseri