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BFM36 - WILD ROSES di Anna Jadowska


BFM36 - WILD ROSES di Anna Jadowska
Wild Roses
Il quinto film presentato in concorso al BFM 2018 è Wild Roses di Anna Jadowska.

Arricchito da meravigliose immagini di foreste che catturano la luce penetrante attraverso i rami, il film è uno spettacolare ritratto di una donna e del suo ambiente, in grado di esaminare le condizioni delle donne in una società conservatrice, diventando così anche una toccante rappresentazione del difficile rapporto tra madre e figlia.

Dopo aver trascorso un po' di tempo in un ospedale, Ewa, la protagonista, ritorna nel suo villaggio polacco per lavorare in una piantagione di rose selvatiche. La sua situazione familiare diventa però sempre più complicata, dal momento che il marito torna a casa dall'estero, mentre il paese a stento trattiene la relazione che Ewa ha avuto in passato con un ragazzo di scuola superiore. Nel frattempo, la sua relazione con i suoi due figli è tesa, in particolare con la testarda Marysia, che si sta avvicinando alla sua prima comunione. Mentre i problemi si accumulano, Ewa inizia a rendersi conto che è giunto il momento di prendere alcune decisioni molto difficili per il suo futuro.

Il procedimento narrativo, che accende la curiosità dello spettatore fino al finale, è un modo per riflettere lo stato dello stupore e dello smarrimento della protagonista. Chi guarda si sente però spinto ad assumere un altro punto di vista, quello della bambina, delicatamente e senza alcuna forzatura. Un personaggio non secondario la bambina, sviluppato con grande abilità, soprattutto per il fatto che è molto complesso pur risultando del tutto coerente con la sua età e l’esperienza familiare.

La regista è brava in una narrazione piena di sensibilità, modellata sull'emozione delle varie situazioni che mano a mano si presentano. Da notare e sottolineare il viso minuto di Ewa ed i continui e ripetuti primi piani a camera fissa che, grazie a un'interpretazione formidabile di Marta Nieradkiewicz, riesce ad esprimere tutto con lo sguardo. Senza che ci sia bisogno di parole, in un ventaglio di sentimenti tra amore, dolore, impotenza e vergogna. E queste emozioni sono tanto potenti che i temi centrali, seppur non trascurabili, passano alla fine in secondo piano, come nascosti in un velo avvolgente. Il calvario di Ewa ci descrive il vuoto e la solitudine, ma in modo talmente umano e sensoriale che ne possiamo percepire l’energia.

Dichiara la regista: “Volevo raccontare una storia semplice e commovente, a basso budget, incentrata sulla protagonista principale, Ewa. Il suo sensibile cambiamento, l’osservazione del suo stato emotivo, il suo atteggiamento nei confronti dei bambini e il segreto che custodisce sono alla base del mio racconto”.

15/03/2018, 08:30

Luca Corbellini