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Ovunque Proteggimi nasce dal mio territorio di origine, per forza: non credo possa esistere un film che sia slegato, mi risulterebbe complesso immaginarlo", spiega
Bonifacio Angius iniziando a raccontare il suo ultimo film, in sala dal 29 novembre e presentato al
Torino Film Festival in anteprima.
"Sono partito - ha proseguito - da dove si era concluso
Perfidia, il mio film precedente. Il mio protagonista questa volta è però diverso: se là era passivo, qui è l'opposto, se là era ambiguo, qui è un libro aperto. Ma ci sono quei toni, quei colori. Porto sempre qualcosa di me nei miei personaggi, in questo caso 'diviso' tra i due coprotagonisti. Ci vuole determinazione, urgenza e motivazione per fare un film, e io le trovo solo mettendo in gioco me stesso".
Il personaggio di Alessandro doveva essere inizialmente un cantante di pianobar. "Ma poi ho pensato fosse una cosa troppo stereotipata, ridicola. Ho conosciuto il mondo della musica folk sassarese, abitato da gente vera, che calpesta la strada. La musica sassarese è molto più calda di quella sarda, che a me risulta più freddina. Alessandro teme possa finire tutto, che la gente non sia più interessata a quella musica: sono le mie paure nei confronti di un cinema come il mio...".
"Anche in Francesca ho messo del mio: sono padre, ho avuto in una fase della mia vita paura che qualcuno potesse dubitare delle mie capacità genitoriali. Anche qui ho sfruttato la mia paura, anche per esorcizzarla: è molto faticoso raccontare certe cose di sé stessi! Credo continuerò su questa strada ancora per un film, poi farò solo film di cazzotti...".
"Abbiamo avuto la possibilità di lavorare a lungo sui personaggi: io Francesca viviamo insieme, abbiamo avuto da poco una figlia, abbiamo discusso in ogni momento delle nostre giornate di possibili sfaccettature del suo ruolo. Con Alessandro siamo amici da anni, ormai è uno di famiglia: ci siamo visti spesso, abbiamo parlato tanto, l'ho portato nelle bettole per fargli vedere come doveva muoversi... è una persona estremamente empatica, che non giudica mai: avevo, ammetto, un po' di paura ad affidargli una parte così lontana da lui! A questo gruppo si è aggiunto mio figlio nella parte del bambino: a volte mi ha fatto impazzire, ma è stata un'esperienza molto bella, un po' alla Cassavetes, avere tutta la mia famiglia sul set".
Infine, la parola agli attori. Alessandro Gazale: "Ho dovuto lavorare molto sull'immedesimazione, ho ripescato momenti forti della mia vita e li ho amplificati. Mi estraniavo prima dei ciak, avevo bisogno di tempo e tranquillità per entrare nel personaggio".
Francesca Niedda: "Quelle messe in scena erano emozioni talmente verosimili che non mi è servita una grande ricerca interiore. Le scene più complesse per me sono state quelle delle liti 'fisiche', in cui erano coinvolti anche altri attori con cui non avevamo tempo di fare molte prove: bisognava farla funzionare subito, ero molto tesa".
27/11/2018, 08:30
Carlo Griseri