Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Manodopera"


Note di regia di
«Dietro al mio nome»

Nella mia famiglia, quando eravamo seduti a tavola, mio padre raccontava sempre che in Italia, in Piemonte, c’era un paese chiamato Ughettera, dove tutti gli abitanti si chiamavano Ughetto, come noi. Quando mio padre morì, decisi di andare a controllare. Esisteva per davvero: Ughettera, la terra degli Ughetto! La mia ricerca iniziò quel giorno di nove anni fa e, con essa, nacque anche la storia di questo flm. Nel cimitero di Ughettera, non trovai né la tomba di mio nonno Luigi, né quella di mia nonna Cesira... Cosa era successo? I testimoni di quell’epoca – la generazione nata intorno al 1870, in Italia – ormai non ci sono più da molto tempo. Nel villaggio di Ughettera, i tetti delle case sono crollati, cancellandone il passato contadino; gli alberi sono cresciuti sulle loro vite di carbonai; di tutti i suoi abitanti, oggi, non resta più nulla. Un contributo dal valore inestimabile, per questo flm, fu la scoperta del libro ‘Il mondo dei vinti’, di Nuto Revelli. Questo scrittore e partigiano italiano, nella sua opera, ha ricostruito quello stesso mondo contadino in cui hanno vissuto i miei nonni, in Piemonte, restituendoci le loro storie. Vicende struggenti che parlano di fame, di guerre e di miseria... Durante il mio viaggio ad Ughettera, ho raccolto alcuni oggetti legati alla vita quotidiana dei miei antenati: carbonella, broccoli, castagne...

Tornato nel mio atelier, ho usato questo bottino per dare vita ad un mondo in miniatura: i broccoli sono diventati alberi, la carbonella si è trasformata in montagne, le zollette di zucchero in mattoni... Con l’aiuto di Jean-Marc Ogier e la sua squadra, abbiamo ricostruito quel mondo scomparso. Noi tutti conserviamo dei ricordi di nostro padre, di nostra madre, un po’ dei nostri nonni, ma poi poco altro: tutto il resto appartiene alla Storia. La mia idea era quindi quella di tornare indietro nel tempo, intrecciando la mia memoria familiare ed intima con l’evocazione storica. Dietro al mio nome ho trovato una storia, la cronaca di una famiglia tra centinaia d’altre. Per sviluppare questa storia, mi sono ispirato alla realtà, quella della vita di una parte della mia famiglia originaria del Piemonte. Ho frugato nei miei ricordi, poi in quelli delle mie cugine e cugini, dei miei fratelli e sorelle. Guerre e migrazioni, nascite e morti... e il racconto ha cominciato a prendere forma. Al di là del dolore che ho trovato nella mia storia personale, ho scoperto storie straordinarie, raccontate nel flm. Mio nonno Luigi purtroppo non l’ho mai conosciuto. Ma mia nonna Cesira, invece sì... Avevo dodici anni quando è morta; la chiamavo mémé, ovvero nonna. Per me, la nonna era sempre stata come la vedevo: ai fornelli vestita di nero, con le mani impegnate nella preparazione della polenta. Lei voleva sentirsi più francese dei Francesi e non l’ho mai sentita parlare in italiano. Si metteva a cucinare fn dal mattino: polenta e latte a colazione, polenta e coniglio in umido a mezzogiorno e polenta gratinata al forno la sera. Fino a che, ad un certo punto, mi sono reso conto che, prima di diventare mémé, mia nonna era stata Cesira, che era stata giovane e bella, che aveva indossato abiti colorati, che era stata desiderata e aveva amato.

Negli studios di Vivement Lundi!, a Rennes, abbiamo costruito i personaggi del flm: Luigi, Cesira, mio padre Vincent e tanti altri pupazzi che li avrebbero accompagnati nel racconto. Così, Cesira ha assunto le sembianze di quel pupazzo alto 23 cm che vediamo nel flm. Rispondendo alle mie domande, mi ha raccontato la sua storia, la sua vita in Italia, il suo incontro con Luigi, il fallimento del viaggio in America e la ragione per cui scelsero la Francia... Il progetto di questo flm è stato sviluppato da Alexandre Cornu, produttore di Les Films du Tambour de Soie, a Marsiglia, con il quale avevo già realizzato il mio flm precedente, ‘Jasmine’. Insieme allo sceneggiatore Alexis Galmot, subentrato ad Anne Paschetta, con la quale avevo sviluppato la parte più documentata della storia, abbiamo lavorato alla narrazione di quest’ultima, abbiamo trovato una trama, poi adattato e infne suddiviso in sequenze le scene. Luigi, Cesira, mio padre, erano tutti pronti; non restava che trovare il modo per integrare nel racconto la mia presenza... L’ispirazione è venuta dal tema della trasmissione da mani a mani. Le mani di mio nonno hanno trasmesso il loro sapere alle mani di mio padre; le mani di mio padre, a loro volta, hanno trasmesso il loro sapere a me e ancora oggi lo conservo, e sento il dovere di testimoniarlo. La mano, la mia stessa mano, è diventata a tutti gli effetti un personaggio che agisce nell’universo del flm e nell’atelier, durante la sua fabbricazione; la mia mano lavora, pone domande e interviene.

Tra confnamento legato al Covid e tempeste di neve, il flm è stato girato in gran parte a Beaumont-lès-Valence, negli studios di Foliascope. Le riprese sono iniziate a gennaio 2020 e si sono concluse il 31 luglio 2021. Con questo progetto flmico ho voluto mostrare e raccontare il lavoro di coloro che hanno costruito le infrastrutture della Francia di oggi: tunnel, strade, ponti, dighe. Persone che sono rimaste completamente invisibili, e non per - ché avessero scelto di nascondersi. La storia che emerge dal flm, e che ini - zia con un «io», scivola molto rapidamente verso il «noi». Polacchi, Spagnoli, Portoghesi, Indiani, Vietnamiti o Magrebini: poco importa da dove veniamo, il passato resta sempre con noi. Guardando al presente, poi, ho voluto raccontare il modo in cui in Francia, «a quell’epoca, accoglievamo tutti gli stranieri». Ho lavorato a questo flm per nove anni e sono innamorato di ogni sua imma - gine. È un flm unico, al quale, ogni membro dell’équipe, ha offerto le proprie conoscenze, le proprie competenze, le proprie capacità, la propria memoria. Un lavoro di squadra, una lunga e bella avventura condivisa, durante la quale tutti – produttori, animatori, tecnici provenienti da tutta Europa – abbiamo collaborato per presentarvi questo bellissimo, magnifco dono. Un flm-testimonianza, ma soprattutto un flm d’amore.

La famiglia Ughetto

Mio nonno Luigi è morto nel 1942, otto anni prima che io nascessi. Mio padre mi parlava poco di lui e tutto quello che oggi so l’ho appreso un po’ alla volta, interrogando cugine, cugini e zie. Luigi Ughetto nacque nel 1879 a Pinasca, nelle montagne piemontesi, la par - te più povera della regione. Cesira Caretti, invece, venne alla luce nel 1886 a Premeno, sempre in Piemonte, ma in una regione più ricca, vicino al Lago Maggiore, e una famiglia più benestante. Anche l’Italia era da poco nata (il Regno d’Italia venne proclamato nel 1861).

Nel 1905, a 26 anni, Luigi partecipò ai lavori di costruzione del tunnel ferrovia - rio del Sempione, che collegava la città svizzera di Briga, nel Canton Vallese, al villaggio italiano di Iselle. Probabilmente fu lì che Luigi, allora operaio, incontrò Cesira, fglia di un imprenditore. Si sposarono il 6 agosto 1907 nel paese di Cesira, a Premeno, come voleva la tradizione. Ebbero una prima fglia, Marie-Cécile, nata nel 1909 a Sierre (Svizzera). Nel corso degli anni ‘10, il Regno d’Italia intraprese una serie di guerre di espansione coloniale: in Somalia nel 1908 e in Libia nel 1911/1912. Luigi probabilmente prese parte a quest’ultima campagna. Tra il 1900 al 1915, oltre 8 milioni di Italiani lasciarono il Regno. Il 23 maggio 1915, in seguito alla dichiarazione di guerra, le truppe italiane si dislocarono lungo il confne, nella Venezia Giulia e sulle Alpi. Luigi aveva 36 anni e fu chiamato a combattere in Italia. In quel momento, era padre di tre bambini piccoli. Luigi sopravvisse al confitto e, dopo la guerra, tornò a lavorare in Francia, dove si perdono le sue tracce fno alla nascita dei suoi altri tre fgli, nel dipartimento della Corrèze: Marcelle nel 1919, mio padre Vincent nel 1921 e René nel 1925.

Luigi e Cesira si trovavano in Francia quando Mussolini, facendo leva anche sul malcontento degli Italiani a fronte della cosiddetta “vittoria mutilata”, creò nel 1921 il Partito Nazionale Fascista. Coloro che rimasero in Italia ricordano questo come un periodo che mise a ferro e fuoco, e che divise profondamente il Piemonte. Nel 1932, in Ariège, all’età di 18 anni, morì Ida, la secondogenita di Luigi e Cesira. Nel 1939 Luigi, Cesira, mio padre, un suo fratello e una delle sue sorelle furono naturalizzati francesi. Mio padre prese parte alla Seconda Guerra mondiale come francese, combattendo contro il proprio paese natale, contro il paese dei suoi genitori. Luigi morì nel 1942, Cesira vent’anni dopo. Mio padre Vincent, invece, se ne è andato nel 2009. Su sua richiesta, le sue ceneri sono state riunite a quelle di mia madre, francese.

‘Interdit aux chiens et aux Italiens’ Perché questo titolo?

All’origine del titolo francese del flm c’è una vecchia immagine che circola in rete. Ritrae un cartello in bianco e nero, appeso alla facciata di un vecchio caffè, con la scritta «Interdit aux chiens et aux italiens», «Vietato ai cani e agli Italiani». Credevo che l’immagine provenisse dalla Savoia, o dal dipartimento dell’Ain, o dalla Svizzera, ma in realtà comparve per la prima volta in Belgio per poi essere replicata anche in altri Paesi. Questa scritta appartiene alla mia storia. Con tutta la sua violenza, la sua cru - deltà e la sua ferocia, questo piccolo cartello che accoglieva gli emigranti sintetizza perfettamente il desiderio di evocazione storica alla base di questo flm. Ho voluto che un’intera scena fosse incentrata su questa scritta, la quale poi è diventata anche il titolo originale dell’opera.

Alain Ughetto