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ALIEN FOOD - "Finalmente torniamo a Torino"


Il lungometraggio di Giorgio Cugno dopo l'esordio internazionale a Rotterdam arriva a Torino Film Industry


ALIEN FOOD -
Tra le proiezioni del programma di Torino Film Industry nei giorni del Torino Film Festival è in programma anche l'anteprima cittadina di "Alien food", diretto dal piemontese Giorgio Cugno e protagonista di un'annata record in giro per il mondo.

Dopo un lungo viaggio nei festival iniziato a gennaio a Rotterdam, il film arriva a Torino.
«Siamo molto contenti anche perché finalmente possiamo dare una risposta alle tante persone che ci chiedevano, che volevano sapere, che hanno lavorato con noi – sono circa 350 in tutto – e aspettavano un'anteprima a Torino. Cosa c'è meglio del Tff? Poi tutto è partito da qua, ormai parecchio tempo fa: siamo arrivati alla fine di questo percorso, siamo emozionati. In qualche modo siamo qui e siamo grati dell'opportunità, anche se speriamo di avere margine per fare altre proiezioni in futuro».

Riepiloghiamo un po' il percorso fatto in questo anno di promozione.
«E' un po' sbucato fuori dal nulla questo film, iniziando dal prestigioso festival di Rotterdam in selezione ufficiale a gennaio: una bellissima esperienza, un'accoglienza stupenda, quattro proiezioni sold out. Qualche settimana fa eravamo a Thessaloniki, a ottobre eravamo in Egitto, a Buffalo abbiamo vinto un premio importante, siamo stati al New York Film Festival e anche a Mosca, dove c'è il festival più antico dopo Venezia. E ora Torino».

“Alien food” è una piccola produzione dai grandi temi sociali: come lo avete costruito?
«Affrontiamo il tema del disagio psichico, della psichiatria connessa alla nostra società: il protagonista è un uomo bipolare che esce dalla comunità in cui vive per essere affidato a una famiglia. Lì entra in sintonia con una ragazzina, anche lei aliena rispetto alla società e appassionata di fantascienza. Dal loro legame prenderanno il via molti eventi del film».

Il lavoro di scrittura è stato molto lungo?
«Sì, un percorso di circa 12 anni, ispirato da un esperimento di storytelling collettivo che ho tenuto in una comunità psichiatrica. L'idea è ispirata dal servizio Iesa, la prima realtà in Italia che lavora in questo modo, nata a Collegno grazie al Direttore Gianfranco Aluffi. Il cinema di finzione per me è importantissimo soprattutto per riuscire a toccare certe tematiche, è uno spazio interstiziale per parlarne senza strumentalizzare chi vive certe condizioni. Il disagio psichico non è un virus ma dal 2008 a oggi si sono diffuse sempre di più alcune malattie come bipolarismo e borderline: si calcola che entro il 2030 sarà la maggior causa di morte, più del cuore e dei tumori».

Un problema legato alla società in cui viviamo?
«Non sono di certo contro progresso e tecnologia, ma di fondo “Alien food” intende aprire una riflessione su ciò che sta producendo la nostra società, e cioè narcisismo. Andiamo verso la direzione della capitalizzazione delle emozioni sugli spazi virtuali: apriamo un dialogo attivo su come regolamentare questo tipo di atteggiamento, altrimenti vivremo in quello che chiamano “neurocapitalismo”. Ci sono voluti anni di scrittura, mi sono anche molto consultato con gli utenti, specie per la costruzione del mio personaggio: sono ingrassato di 30 chili, ho smesso tutte le mie abitudini e cambiato il mio corpo. Devo dire grazie al grande supporto degli amici della comunità che mi ha ospitato 4 mesi per farmi entrare del tutto nel personaggio».

La leggenda degli alieni sul monte Musiné non è inventata...
«No, è un monte molto speciale. Compare nel film perché la ragazzina è appassionata di fantascienza e suo nonno le raccontava sempre queste leggende legate al Musiné. Io sono originario della Valle di Susa, è una montagna che conosco fin da bambino, un punto di riferimento e un punto di passaggio verso Torino. Per questa parte del film devo ringraziare il Mufant e il Cisu, ci hanno fornito consulenze, materiali e oggetti di scena. Il Musiné da sempre, fin dall'antica Roma, genera miti e leggende e attira tantissima gente per quello, mentre facevo i sopralluoghi per il film ho incontrato di tutto, persone con il metal detector che cercavano residui alieni, appassionati in arrivo anche dalla Francia, ma ci sono anche tracce di sedute spiritiche e molto altro!».

“Alien food” nasce anche grazie a un'eccellenza locale come il TorinoFilmLab, in che modo?
«E' stata un'esperienza importante, sono entrato in un network che mi ha permesso di conoscere tante persone nel mondo e confrontarmi con loro. Tra i miei tutor c'era lo sceneggiatore rumeno Radvan Radulescu, e grazie a Tfl ho conosciuto anche colui che è diventato poi il sound designer del film, il danese Peter Albrechtsen, che ha lavorato con gente come Lars Von Trier e Christopher Nolan».

16/11/2023, 08:14

Carlo Griseri