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BERGAMO FILM MEETING 42 - "Levante" di Lillah Halla


BERGAMO FILM MEETING 42 -
Secondo film della mostra concorso della 42.ma edizione del Bergamo Film Meeting è “Levante - Power Alley”, lungometraggio della regista brasiliana Lillah Halla, in anteprima italiana.
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Un progetto partito nel 2015 e durato ben otto anni, attraversando fasi tragiche in Brasile durante il “periodo Bolsonaro”, dove erano soffocati elementari diritti, fino alla pandemia che sembrava azzerare tutto interamente e non permettere la realizzazione di questo film.
La regista Lillah Halla, formatasi alla scuola di cinema di Cuba, racconta di una giocatrice di pallavolo che rimane incinta. Anche se apparentemente sembra un argomento già trattato e visto, ha un'urgenza particolare e presenta sfaccettature inedite su questo tema. È stato l'ultimo titolo in concorso presentato in anteprima alla Semaine de la Critique di Cannes.
Con tutti i preconcetti che possiamo avere sui diritti della sfera della procreazione nei Paesi sviluppati, è forse uno stupore sapere che l'aborto in Brasile è illegale e comporta pene severe. Anche l'opinione pubblica è orientata verso la criminalizzazione, non aiutata dalla forte rinascita evangelica del Paese, anche se negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti, per fortuna, significativi.

Sofia (Domenica Dias), diciassettenne di origine afro-brasiliana, gioca nella squadra giovanile di pallavolo femminile del Capão Leste (dal nome della zona di San Paolo), dove viene presa in seria considerazione per una borsa di studio sportiva in Cile che le cambierebbe la vita. Quando scopre di essere incinta di un uomo, che lei senza alcun trasporto chiama “il tipo con la moto", inizia a cercare le possibilità per un’interruzione di gravidanza, che sono limitate a strutture sanitarie private la cui funzione meno pubblicizzata è quella di dissuadere le donne dall'aborto.
Sofia e suo padre João (Rômulo Braga), apicoltore, valutano come alternativa una clinica uruguaiana e c'è anche la via clandestina dell'acquisto illegale del Misoprostol, il farmaco utilizzato per l’aborto, ma è pieno di pericoli e potenzialmente coinvolge coloro che le stanno vicini, alla luce del duro sistema penale del Paese. Ogni speranza diventa vana per abortire.
La trama, fortemente orientata ad un preciso obiettivo come rivolta collettiva contro le leggi di uno stato che non protegge i diritti di tutti, si fonde in modo produttivo con il torneo di pallavolo in cui la protagonista è coinvolta, fornendo una linea narrativa sospesa ed associata ad un senso generale di nervosa attesa.

Inoltre, il fatto che l'ambiente della squadra sia uno spazio fortemente queer, con tanto di giocatori trans e non-binari (un cartello nello spogliatoio è scarabocchiato con il pronome "loro"), conferisce al concetto di superamento di una gravidanza indesiderata una carica unica evocando nella squadra un elemento di resistenza femminile, fornendo anche una difesa reciproca per una serie di questioni specifiche di genere.

Grazie all'uso inventivo della musica e dell'illuminazione in chiaroscuro, viene evitato anche un abusato finale trionfante del torneo sportivo, lasciando che questo debutto, sebbene leggermente ostacolato dagli elementi di "abortion drama", sia una convincente prima partita di campionato per la regista Lillah Halla.

11/03/2024, 09:08

Luca Corbellini