Un film di genere per raccontare il dramma della violenza domestica.
Al suo secondo film dietro la macchina da presa dopo il bell’esordio del 2019 (
Il campione) che gli valse il Nastro d’Argento come miglior regista esordiente,
Leonardo D’Agostini in
Una storia nera (dal 16 maggio nelle sale distribuito da 01) sceglie il noir per allontanarsi dal film manifesto e tenere desta l’attenzione dello spettatore a colpi di cambi di prospettiva sul sottile crinale tra bene e male.
Sposata da 23 anni con un marito violento (Giordano De Plano, abbonato ai ruoli da cattivo), Carla (Laetitia Casta) ha deciso di dire basta a soprusi e maltrattamenti. Ora frequenta un altro uomo (Mario Sgueglia) e l’unico legame con l’ex marito sono i tre figli: Nicola (Andrea Carpenzano), Rosa (Lea Gavino) e la piccola Mara (Carola Orlandani).
Vittime di una tragedia annunciata che si manifesta in tutto il suo orrore il giorno del quinto compleanno dell’ultima arrivata. Voluto in casa della madre dalla bambina (ma sarà andata così?) quel padre ingombrante- che continua a seguire le mosse del nuovo partner della moglie- sparisce nel nulla dopo la festa senza lasciare tracce. Trovato cadavere venti giorni dopo sulle rive del Tevere con due colpi di arma da taglio, sarà Carla ad autoaccusarsi dell’omicidio (per legittima difesa dice la donna) innescando un’indagine a ritroso da parte della giustizia (nei panni del Pubblico Ministero c’è Cristiana Dell’Anna) che dovrà fare luce su ciò che è realmente successo quella notte.
Prodotto da Groenlandia con Rai Cinema e tratto dall’omonimo romanzo di Antonella Lattanzi (edito da Mondadori) che ha scritto la sceneggiatura col regista e Ludovica Rampoldi,
Una storia nera vuol essere l’Anatomia di una caduta italiana tra domande senza risposta e inviti all’immedesimazione con quel senso di violenza ineluttabile che affiora tra le maglie bucate di una giustizia farraginosa e che spesso giudica prima di capire (In un processo non è importante cosa è vero e cosa è falso, conta ciò che pensano i giudici dice l’avvocato dell’accusata).
“Questa era il tipo di storia che cercavo” dice il regista “dove conflitti forti e personaggi in contrasto con se stessi la fanno da padrone. Della violenza sulle donne non mi interessava fare un film a tema ma grazie al filtro del noir ho voluto raccontare dilemmi morali forti e un personaggio femminile forte e sfaccettato come accadeva ne La fiamma del peccato di Billy Wilder o in Gone girl di David Fincher tanto per fare due esempi”.
Per Laetitia Casta una prova impegnativa, una recitazione dimessa e dolorosa, soprattutto nelle sequenze in carcere, per far emergere la condizione di tante donne chiamate a riprendersi le proprie vite.
“A convincermi ad interpretare Carla è stato il bellissimo copione” dice la modella e attrice francese “soprattutto le sequenze in tribunale sono di grande impatto e io sono subito entrata in empatia con lei anche se ho deciso di non giudicarla mai. E’ una donna ambigua, una straniera in Italia che comprende all’improvviso come la sua storia d’amore idealizzata sia stata in realtà inesistente ma l’amore e la paura di perdere i propri figli la renderanno capace di quello che non credeva. Si ritrova da vittima a carnefice perché nella vita, a volte, devi superare prove terribili per crescere”.
Sui femminicidi la Casta dice che “la violenza sulle donne esiste da tempo immemore. Prima se ne parlava poco ma oggi, grazie al #MeToo il tabù sta finalmente cadendo. Anche se vedo che in Francia si viaggia più spediti che in Italia”.
Nel cast anche Lidia Liberman e una magnifica Licia Maglietta in versione horror nei panni della sorella pugliese dell’assassinato.
09/05/2024, 16:53
Claudio Fontanini